Aṣṭikā (“Componimento in Otto Stanze”) di Śrī Prabodha Nātha (detto l’Asceta)
L'Aṣṭikā di Śrī Prabodhanātha è un breve ma significativo testo devozionale della scuola Krama, composto da otto strofe (o nove, considerando il colofone e la natura del verso finale). Il testo occupa i ff. 4b/6-5b/7 del manoscritto nepalese NAK 1-252.
Il componimento consiste in un inno alla Dea, intesa come Divinità Suprema, che viene lodata in molteplici aspetti: dalla sua natura trascendente e immutabile, alla sua immanenza nel mondo fenomenico e al suo ruolo nella liberazione spirituale.
Come attestato nel Mahānayaprakāśa di Arṇasiṃha (versi 163-164, "… Śrī Prabodha, l'asceta e re tra gli eroi, fu benedetto da Śrī Cakrabhānu, che aveva raggiunto la riva del significato della realtà suprema"), Prabodhanātha fu un discepolo diretto di Śrī Cakrabhānu, un maestro che aveva pienamente compreso la verità ultima. Questa connessione sottolinea l'importanza di Prabodhanātha all'interno della linea di trasmissione del Krama.
Particolare importanza assume la quinta stanza, nella quale si fa riferimento alla Dea quale totalità e sintesi della Parola e del linguaggio.
Nel pensiero indiano, in particolare nel Tantra e nella filosofia del linguaggio, Vāc (la Parola) è concepita su tre livelli, che rappresentano le tappe della manifestazione del suono e del significato dalla loro sorgente trascendente fino alla loro espressione udibile. A questi tre livelli dell'espressione verbale, se ne aggiunge un quarto, Parā, la (Dea) 'Suprema', che riassume in sè la totalità della Parola.
il riferimento a una "triplice Madre delle modalità esistenziali della Parola", in questo verso, è riferita alla triade specifica che classifica tradizionalmente la Parola:
1) Vaikharī Vāc (La Parola 'Corporea', 'articolata' o 'udibile'): E' il livello più grossolano e manifesto della parola, quella che viene pronunciata e udita. E' la parola esterna, con le sue distinzioni fonetiche, grammaticali e semantiche, che interagisce con il mondo esterno.
2) Madhyamā Vāc (La Parola 'Mediana'): Rappresenta la parola a livello mentale, il pensiero del dialogo interno, costituito da endofonemi. Qui, il significato è concettualizzato e acquisisce una forma più strutturata, ma non è ancora espresso vocalmente. La 'Mediana' corrisponde al linguaggio del pensiero, dei sogni e delle intenzioni.
3) Paśyantī Vāc (La Parola 'Veggente', che 'vede' o 'percepisce'): E' il livello più sottile della manifestazione cosciente della Parola, dove l'idea o il significato inizia a 'illuminarsi', a prendere forma, ma è ancora indifferenziato e precede una struttura linguistica o fonetica definita. E' la Parola come intuizione pura, percepita dal cuore o dalla mente profonda.
La 'Madre' di queste modalità suggerisce il princìpio che la Dea è la fonte suprema (parā) che dà origine a tutte le forme di espressione e di manifestazione della realtà attraverso il linguaggio.
Altro punto essenziale di questa quinta stanza, particolarmente densa di concetti profondi, è il riferimento alle Cinque lettere, le tre vocali fondamentali, 'a', 'i', 'u', e i due monottonghi, 'e', 'o'.
Queste cinque lettere, o vocali, sono considerati i suoni archetipici da cui emanano, attraverso l'interazione con i suoni consonantici, tutte le altre manifestazioni fonetiche e, per estensione, tutte le forme del cosmo. Essi simboleggiano i principi dinamici della coscienza divina che si dispiega.
Il sistema Krama, oltre al rilievo dato alle divinità femminili e all'attività degli organi sensoriali, si caratterizza per una spiccata tendenza ad organizzare la realtà in pentadi, gruppi di cinque elementi che riflettono la natura dinamica e progressiva della manifestazione divina. Queste pentadi non sono solo classificazioni statiche, ma rappresentano processi ciclici di emanazione, mantenimento e riassorbimento. Alcuni esempi significativi includono:
Le Cinque Azioni Divine (pañcakṛtya), idea comune nei Tantra śivaiti che identificano le cinque 'Operazioni', con i cinque volti di Śiva:
Sṛṣṭi (Creazione): L'emanazione dell'universo.
Sthiti (Mantenimento): La conservazione dell'esistenza.
Saṃhāra (Dissoluzione): Il riassorbimento dell'universo.
Tirodhāna (Offuscamento): Il potere divino che vela e nasconde la vera natura della realtà, creando l'illusione della separazione.
Anugraha (Grazia salvifica): Il potere divino che rivela la vera natura della realtà e conduce alla liberazione.
Nel Krama, queste cinque azioni sono considerate le funzioni cosmiche della Dea, che è la suprema agente di questi processi.
I Cinque Stati della Coscienza:
Jāgrat (Stato di veglia): La coscienza rivolta verso gli oggetti esterni.
Svapna (Stato di sogno): La coscienza che esperisce il mondo interno dei sogni.
Suṣupti (Stato di sonno profondo): La coscienza non manifesta, priva di sogni e oggetti.
Turya (Il Quarto Stato): La coscienza trascendente, al di là dei tre stati ordinari.
Turyātīta (Trans-Quarto): Lo stato supremo, la coscienza pura e assoluta, che trascende anche Turya.
I Cinque Elementi (Pañcamahābhūta): Terra, acqua, fuoco, aria, etere, che costituiscono la base della manifestazione fisica.
Queste pentadi dimostrano la complessità e la sistematicità del Krama, dove ogni aspetto della realtà è visto come un'interazione dinamica di cinque principi o fasi, tutti emananti dalla suprema coscienza della Dea.
Al termine delle otto stanze principali, segue un verso più articolato e complesso, che riassume i concetti espressi dalle strofe precedenti.
Editing testo sanscrito e traduzione italiana: Marino Faliero

Aṣṭikā ("Componimento in Otto Stanze") di Śrī Prabodhanātha (detto l'Asceta)
ओं नमो मङ्गलायै ||
oṃ namo maṅgalāyai ||
Omaggio alla (Dea) Maṅgalā (la 'Propizia').
सद्यःकारणलायकल्पितोल्लाससंकुलसमाधिविष्टरां |
हर्म्यकोकनदसंस्थिताम् अपि त्वां प्रणौमि शिववल्लभाम् अजाम् || १ ||
sadyahkāraṇalāyakalpitollāsasaṃkulasamādhiviṣṭarāṃ |
harmyakokanadasaṃsthitām api tvāṃ praṇaumi śivavallabhām ajām || 1 ||
1) Mi inchino a Te, che sei l'amata di Śiva, l'Eterna, insediata in una contemplazione (samādhi) piena della gioia formata dalla dissoluzione istantanea dei fattori causali, (e) che risiedi, inoltre, in un loto rosso come dimora.
सद्यज्जन्तुहृदयाब्जात्मालोकोद्भूतभावमधूपानलम्यतां |
वर्णभेदविगतालिवल्लभां त्वां प्रणौमि भवजालभेदितीं || २ ||
sadyajjantuhṛdayābjātmālokodbhūtabhāvamadhūpānalamyatāṃ |
varṇabhedavigatālivallabhāṃ tvāṃ praṇaumi bhavajālabheditīṃ || 2 ||
2) Mi inchino a Te, che squarci la rete dell'esistenza, l'amata che ha rimosso le api (ali) (delle illusioni) e le distinzioni delle lettere (varṇa), la cui essenza, irraggiungibile per le api (madhūpa) (dei sensi), (è) uno stato dell'essere manifestato dalla luce del Sè posta nel cuore di ogni creatura vivente.
[em: °ātmālokodbhūta°; ms: °ājjamaṇulodbhuta°]
[l'ape (ali o madhupa, termini entrambi presenti nel verso) è una metafora spesso associata ai sensi, alla mente o ai desideri. Questa associazione deriva principalmente dal comportamento dell'ape, che è attratta dal nettare (madhu) dei fiori. Proprio come le api volano di fiore in fiore per raccogliere il nettare, i sensi umani sono costantemente attratti dagli oggetti del mondo esterno, percepiti come fonti di piacere, anche se spesso effimero o illusorio. In questa metafora, l'ape è instancabile e curiosa, ma è anche potenzialmente distratta e incapace di percepire la realtà ultima a causa della sua costante ricerca di stimoli esterni.
La mente, dunque, è spesso paragonata a un'ape che salta da un pensiero all'altro, da un desiderio all'altro, in una ricerca incessante di gratificazione. Nel verso, si dice che l'essenza della Dea è 'irraggiungibile per le api'. Questo suggerisce che la realtà ultima o la coscienza divina non può essere afferrata o compresa attraverso i mezzi ordinari dei sensi o della mente condizionata dai desideri.]
कालकेलिविमलोल्लसत्कलाकल्पनाकलितलाभलोहितां |
संविदोद्रितपदार्थवर्तिनीं त्वां प्रणौमि शिवशक्तिगर्भगां || ३ ||
kālakelivimalollasatkalākalpanākalitalābhalohitāṃ |
saṃvidodritapadārthavartinīṃ tvāṃ praṇaumi śivaśaktigarbhagām || 3 ||
3) Mi inchino a Te, che ti muovi nel grembo di Śiva e Śakti, dimorante nei significati emersi dalla Coscienza, colorata dall'acquisizione ottenuta dalla costruzione concettuale (kalpanā) delle Parti dinamiche (kalā) che brillano di pura gioia nel gioco del Tempo.
सूर्यवह्निशशिधामविभ्रमध्वस्तसंभवसमाधिशाश्वतीं |
भावभेदविभवान्तरस्थितां त्वां प्रणौमि जगदम्ब सर्वगाम् || ४ ||
sūryavahniśaśidhāmavibhramadhvastasaṃbhavasamādhiśāśvatīṃ |
bhāvabhedavibhavāntarasthitāṃ tvāṃ praṇaumi jagadamba sarvagām || 4 ||
4) Mi inchino, O Madre del mondo, a Te onnipervadente, intrinseca al potere della distinzione degli stati dell'essere, la cui perpetua contemplazione (samādhi) dell'esistenza è dissolta quale illusione dalla splendente dimora del Sole, del Fuoco e della Luna.
वर्णपञ्चहृदयान्तरस्थितग्रस्तसर्वभवभेदविग्रहां |
नौमि वाग्भवत्रिमातरं त्वामनाहतोद्रितां शिवां || ५ ||
varṇapañcahṛdayāntarasthitagrastasarvabhavabhedavigrahāṃ |
naumi vāgbhavatrimātaraṃ tvām anāhatodritāṃ śivām || 5 ||
5) Mi inchino a Te, la Benevola emersa dal suono non scandito (anāhata), la triplice Madre delle modalità esistenziali della Parola, (e che), intrinseca nel cuore delle Cinque lettere, hai divorato ogni forma di distinzione dell'esistenza.
[em: vāgbhavatrimātaraṃ; ed: vāgbhavatramātara]
भावसंभवविभागशोचनध्वस्तभेदपथद्वन्द्वविलयां |
अद्भुतोऽपि गमितस्वरूपिणीं त्वां प्रणौमि समलामलोद्रितां || ६ ||
bhāvasaṃbhavavibhāgaśocanadhvastabhedapathadvandvavilayāṃ |
adbhuto'pi gamitasvarūpiṇīṃ tvāṃ praṇaumi samalāmalodritāṃ || 6 ||
6) Mi inchino a Te, che ti manifesti in aspetto puro e impuro, che sei pervenuta alla tua natura essenziale, che è anche meravigliosa. (A Te), la cui duplice via della dissoluzione e della distinzione è consumata dalla combustione dei concetti distinti di esistenza e nascita.
सद्यःसंहृतसदोदितोल्लसद्भैरवेन्दुज्ञानताभास्यप्रदां |
भक्तिभावनाविमलात्वर्थदायिनीं त्वां प्रणौमि परमाद्भुतोपमां || ७ ||
sadyahsaṃhṛtasadoditollasadbhairavendujñānatābhāsyapradāṃ |
bhaktibhāvanāvimalātvarthadāyinīṃ tvāṃ praṇaumi paramādbhutopamām || 7 |
7) Mi inchino a Te, che sei la suprema e meravigliosa similitudine, che concedi l'illuminazione della conoscenza del Tremendo (bhairava) e della Luna, sempre sull'orizzonte e splendente, istantaneamente raccolta (in sè) (e) la cui purificazione (avviene) attraverso la contemplazione devozionale, dispensatrice di significato immediato.
देवदानवमनुष्यशोणितत्वग्वसापिशितभोजनप्रियाम् |
शान्तबोधविलासमयां अपि त्वां प्रणौमि समसुन्दराद्भुतां || ८ ||
devadānavamanuṣyaśoṇitatvagvasāpiśitabhojanapriyām |
śāntabodhavilāsamayām api tvāṃ praṇaumi samasundarādbhutām || 8 ||
8) Mi inchino a Te, che sei ugualmente bella e meravigliosa, e che, sebbene Tu sia intelligenza pacificata, sei costituita di gioco. Amabile (sei Tu), per il consumo di sangue di Dèi, Demoni e Umani, e di pelle, grasso e carne.
[ Il verso esprime il contrasto tra la natura pacifica della Dea e il suo aspetto terrificante e divoratore, tipico delle divinità tantriche.]
कैवल्ये खे समस्तविश्वम् उदितं राजति न काम्यख्यां कक्षाम् |
इन्द्रियद्वाररन्ध्रविवरैर्हाहाहरावैः सदा
वक्रमध्यमजेयसप्तविवरैस् त्रैलोक्यम् आग्रसितं वन्दे |
भावतमोहरन्तीं जगदम्बामक्रेश्वरे पातु सा || ९ ||
kaivalye khe samastaviśvam uditaṃ rājanti na kāmyakhyāṃ kakṣām |
indriyadvārarandhravivarair hāhāharāvaiḥ sadā
vakramadhyamajeyasaptavivarais trailokyam āgrasitaṃ vande |
bhāvatamoharantīṃ jagadambām akreśvare pātu sā || (verso aggiuntivo) ||
Nel vuoto della liberazione, l'intero universo è sorto (sull'orizzonte) e non risplende nella regione chiamata 'desiderabile'. Attraverso le aperture dei fori delle porte dei sensi, con i suoni "hāhā" e "hara" ripetuti costantemente, i tre mondi sono stati inghiottiti dalle sette aperture invincibili nel mezzo della voce. Rendo lode a Lei, che rimuove l'oscurità dell'esistenza, possa Lei, la Madre del mondo, proteggerci nel Signore eretto.
[Questo verso è piuttosto problematico e sembra essere una miscela di prosa e versi molto irregolari. E' stato interpretato e segmentato per dare un senso coerente, ma rimane la parte più congetturale.
La parola akra in sanscrito può avere vari significati, tra cui 'non storto', 'dritto', 'non curvo', o anche riferirsi a un asse o un punto centrale. Combinato con īśvara (Signore), potrebbe indicare un "Signore del non-curvo", ossia della kuṇḍalinī eretta o dispiegata, o un 'Signore dell'Asse o del Centro', alludendo a un aspetto di stabilità, rettitudine o centralità della coscienza divina. Dato il contesto tantrico e la menzione delle 'sette aperture invincibili nel mezzo della voce', che potrebbero riferirsi ai cakra o a specifici punti energetici legati alla produzione del suono e alla coscienza, l'interpretazione di akra-īśvara come il 'Signore del non-curvo' (riferito alla kuṇḍalinī dispiegata o al canale centrale) o il 'Signore del Centro' (la coscienza suprema) è molto plausibile e si integra bene con i temi del testo. La Dea, in quanto Madre del mondo, protegge coloro che si affidano a questo Signore, che rappresenta la stabilità e la rettitudine spirituale.]
| श्रीप्रबोधनाथविरचिताष्टिका समाप्ता ||
| śrīprabodhanāthaviracitāṣṭikā samāptā ||
| मङ्गलमहाश्री ||
| maṅgalamahāśrī ||
Qui termina l'Aṣṭikā ('Componimento in Otto Stanze') composta da Śrī Prabodhanātha (il 'Glorioso Maestro Prabodha', detto l'Asceta).
Grande Maṅgalā (Grande Prosperità) gloriosa.