Inno al dispiegamento gioioso della Divina Sequenza (Kramavilāsastotra)

16.08.2025

Il Kramavilāsastotra occupa i ff6a-8b del manoscritto nepalese NAK 1-252. E' un'opera volutamente anonima che, nell'ultimo verso, specifica di essere stata composta 'da un qualcuno' (kenacit).

Il testo è impegnativo, per le ambiguità del manoscritto, per altro piuttosto chiaro nella lettura e, soprattutto, molto denso per l'alta concentrazione di concetti in lunghi composti.

La scuola tantrica di riferimento è quella del Krama, la dottrina della 'Divina Sequenza', una delle principali scuole o tradizioni dello Śivaismo del Kashmir, un sistema filosofico e spirituale che fiorì in India tra il IX e il XIII secolo. A differenza di altre tradizioni che si concentrano principalmente sulla realtà assoluta e statica (come il Brahman), il Krama si distingue per la sua enfasi sul dinamismo, sul tempo e sul processo della coscienza stessa.

Il cuore di questa tradizione è la comprensione che la realtà non è statica, ma si manifesta in una sequenza ciclica di fasi. Queste fasi sono tipicamente quattro.

Sṛṣṭi-krama (Sequenza di Creazione), l'emanazione dell'universo dal tutto non manifesto.
Sthiti-krama (Sequenza di Mantenimento o Conservazione), la fase di esistenza e di mantenimento del cosmo, particolarmente importante nei versi di questo particolare inno.

Saṃhāra-krama (Sequenza di Riassorbimento o Dissoluzione), il processo di riassorbimento dell'universo nell'assoluto.
Anākhya-krama (la Sequenza senza nome, o Innominata), lo stato trascendente che precede e segue ogni ciclo, in cui la coscienza rimane indistinta e pura.

Questi cicli non si applicano solo all'universo, ma anche all'esperienza individuale della coscienza, che in ogni istante si muove attraverso le fasi di percezione, mantenimento, dissoluzione e quiete delle impressioni sensoriali.

Il Kramavilāsastotra è un'esplorazione poetica e filosofica della potenza della dea che si manifesta attraverso i cicli del Krama. Il suo linguaggio è complesso e non immediatamente intuitivo, ricco di termini tecnici che richiamano le idee centrali del sistema. In ciascun verso, il poeta rende omaggio alla Dea nei suoi vari aspetti, dal suo potere di creazione e mantenimento fino al suo ruolo di signora del tempo e della dissoluzione, ma estende la lode anche alla concretizzazione del mondo materiale, con la sua 'inerzia' che, animata da forze sottili, consente la nostra esistenza. La consapevolezza di questa forza divina guida la coscienza del devoto attraverso le fasi del processo di unione con il divino.


Kramavilāsastotra

("Inno al dispiegamento gioioso della Divina Sequenza").

Editing testo sanscrito e traduzione a cura di Marino Faliero


ॐ नमो महामङ्गलायै ॥

oṃ namo mahāmaṅgalāyai ||

Oṃ. Omaggio alla Grande Maṅgalā.


यत्खं पञ्चमहामरीचिस्वार्चितं चातुर्यचर्चाञ्चितं

मूर्तामूर्तमहाप्रकाशसहितं श्रीद्वादशाकुञ्चितम् |

तत् कल्पं वपु रश्मिषोडशवृतं वृन्दं क्रमालङ्कृतं

श्रीपीठाङ्कमहाश्मननिचयं वन्दे महाद्याङ्कितम् || १ ||

yat khaṃ pañcamahāmarīcisvārcitaṃ cāturyacarcāñcitaṃ mūrtāmūrtamahāprakāśasahitaṃ śrīdvādaśākuñcitam |

tat kalpaṃ vapu raśmiṣoḍaśavṛtaṃ vṛndaṃ kramālaṅkṛtaṃ śrīpīṭhāṅkamahāśmananicayaṃ vande mahādyāṅkitam || 1 ||

1) Quell'etere adornato dai cinque grandi scintillazioni (marīci), intriso di discussioni eloquenti, accompagnato dalla grande luce materiale e immateriale, contratto nel glorioso insieme di dodici (Kālī), (è) il corpo ad esso conforme (kalpa), circondato da sedici raggi, un gruppo abbellito dalla (divina) Sequenza (krama) al quale rendo lode, quell'insieme di grandi pietre che segnano il glorioso Santuario (pīṭha), contrassegnato dal grande splendore.

[em: svārcitaṃ; ms: svacitaṃ]


यत् महानलमरीचिसञ्चयं

व्यञ्जनाद्रितनयप्रभाञ्जनम् |

अञ्जनाभम् इह मञ्जसो नभ-

स्तं नमामि सततं निरञ्जनम् || २ ||

yat mahānalamarīcisañcayaṃ

vyañjanādritanayaprabhāñjanam |

añjanābham iha mañjaso nabha-

s taṃ namāmi satataṃ nirañjanam || 2 ||

2) Quell'ammasso di grandi raggi di fuoco, (paragonabile a) un unguento brillante della Figlia della Montagna (Pārvatī) nel suo manifestarsi, simile a collirio, qui, rapidamente, a quel cielo immacolato, rendo lode costante.

[em: vyañjanādritanaya°; il ms sembra leggere vyañjanojjhitanaya°, ma questa lettura renderebbe il composto molto difficile da interpretare in modo coerente. Ad esempio, "il collirio dello splendore dell'occhio che ha abbandonato la manifestazione" sarebbe una traduzione contorta e improbabile.]


सर्वसर्वमयसर्वचर्वणेनापि

सस्यैर्जगतां न तृप्यते |

तच्च रूहच्चराचरोच्चरे

चारुचर्वणचितिं नमाम्यहम् || ३ ||

sarvasarvamayasarvacarvaṇenāpi

sasyair jagatāṃ na tṛpyate |

tac ca rūhaccarācaroccare

cārucarvaṇacitiṃ namāmy aham || 3 ||

3) Anche consumando tutto ciò di cui si compone il tutto, con i frutti dei mondi non si è saziati. Ma a quella coscienza (oppure, 'raccolta') (citi) del delizioso consumo, che si sviluppa in ciò che è mobile e immobile, io rendo omaggio.

[Il termine citi, se inteso come cit-i, significa "coscienza". Se inteso come ci-ti, significa "raccolta", "mucchio", "cumulo".]


भाति यया शतं स्थूलदर्चि-

र्भामुरकान्तिरियं समहाग्निः |

तामपि संहतविश्वविलासां

नौमि निजामसमामिह चर्याम् || ४ ||

bhāti yayā śataṃ sthūla-d-arci-

r bhāmurakāntir iyaṃ samahāgniḥ |

tām api saṃhataviśvavilāsāṃ

naumi nijām asamām iha caryām || 4 ||

4) Colei per mezzo della quale cento fiamme materiali risplendono, questa è la luce splendente dotata del grande fuoco. Proprio a Lei, che è la dissoluzione dei giochi universali, io rendo omaggio, (a Lei che), in questo mondo (iha), corrisponde alla mia stessa condotta ineguagliabile.

[em: sthūla-d-arcir; ms: sthūradaccir. Composto legato da -d epentetica per risolvere lo iato]


येन घाष्टितमिदं जगत्तु

याच्चारचारुचतुराकुलक्रमम् |

विश्वमामुमाकुलक्रमेण

तं रावरश्मिं सततं समानतः || ५ ||

yena ghāṣṭitam idaṃ jagat tu

yāc cāracārucaturākulakramam |

viśvam āmum ākulakrameṇa

taṃ rāvaraśmiṃ satataṃ samānataḥ || 5 ||

5) Ciò per mezzo del quale questo mondo è scosso, la cui sequenza divina (ākulakrama) è un moto affascinante ed efficace, quello che agita l'intero universo con un processo agitato (ākulakrameṇa), quel raggio e quel fragore, io (saluto) costantemente, in modo equanime.

[La forma ghāṣṭitam non è comune. Potrebbe essere emendata in ghuṣṭam, con significato simile, a danno, però, della metrica.]


व्योम्नि यो झटिति नैव लक्ष्यते

नैव चापि तदुज्झितं क्रमात् |

तां विभिन्नसकलार्गलां नौमि

मोदमतिरौद्रमादरात् || ६ ||

vyomni yo jhaṭiti naiva lakṣyate

naiva cāpi tad ujjhitaṃ kramāt |

tāṃ vibhinnasakalārgalāṃ naumi

modam atiraudram ādarāt || 6 ||

6) (Non) colui che, nello spazio, non è neppure percepito immediatamente e nemmeno ciò che è gradualmente abbandonato da quello, ma Colei che ha spezzato tutte le barriere in maniera oltremodo terrifica, io lodo con dolcezza e devozione.

[em: tāṃ; ms: taṃ. em: modam; ms: modram]


यत्र विश्वमिदमक्रमक्रम-

प्रक्रमेण हतिसञ्चरत्परम् |

तच्चराचरसमुच्चयोच्चियां

नौमि रावमतिरावचमया || ७ ||

yatra viśvam idam akramakrama-

prakrameṇa hatisañcarat param |

tac carācarasamuccayocciyāṃ

naumi rāvam atirāvacamayā || 7 ||

7) Là dove questo universo, con un processo di non successione e successione (akramakramaprakrameṇa), si muove alla suprema distruzione, io lodo quel suono che, con esagerato suono e forza splendente, è l'apice dell'aggregato di ciò che è mobile e immobile.


यत्र मूर्तिमक्रव्यक्र-

मोदयविरामभासुरा |

भाति रश्मिचयमक्रमक्रमम्

नौमि पीठमिह तं निराश्रयम् || ८ ||

yatra mūrti-m-akravyakra-

modayavirāmabhāsurā |

bhāti raśmicayam akramakramam

naumi pīṭham iha taṃ nirāśrayam || 8 ||

8) Là dove, con un corpo (mūrti) impercettibile (akravya), risplendente nella sequenza di nascita e cessazione, l'insieme dei raggi illumina la sequenza e ciò che trascende la sequenza, io rendo omaggio a quel Santuario (pīṭha) che non ha fondamenta (terrene).

[ms: "yatra mūrti-m-akravyakramodayavirāmabhāsurā". Un possibile emendamento sarebbe "yatra mūrtir akravyakramodayavirāmabhāsurā", ma preferisco interpretare la versione del manoscritto come un composto unico, con l'intersezione di una -m epentetica.]


[verso 9: testo in glossa, corrotto nel manoscritto.]


यो महानलमरीचिविस्फुरद्

घोरसारकवलोत्कटक्रमात् |

तत् श्मशानवसतेः स्फुरद्रतिः

क्षेत्रपालमिहमुग्रमन्ततः || १० ||

yo mahānalamarīcivisphura

ghorasārakavalotkaṭakramāt |

tat śmaśānavasateḥ sphurad ratiḥ

kṣetrapālam iham ugram antataḥ || 10 ||

10) Colui che, per mezzo di un processo intenso di consumazione dell'essenza spaventosa, brilla diffusamente (visphurad) con grandi raggi di fuoco, (e) il cui piacere è raggiante per la dimora nel cimitero, questo terribile Guardiano del Campo (kṣetrapāla), alla fine (io saluto),

[Lo Kṣetrapāla è un essere spirituale con una funzione di guardiano o protettore. Il "Campo" (kṣetra) rappresenta, insieme, la realtà materiale, il mondo e la nostra esperienza di esso. Come insegna la Bhagavad Gītā, "Questo corpo, o Arjuna, è chiamato 'il campo'. Colui che lo conosce, è chiamato 'il conoscitore del campo'. Tale è il parere degli esperti. Sappi che io sono il conoscitore del campo in tutti i campi, o Arjuna. La conoscenza del campo e del conoscitore del campo, questa è per me la conoscenza". (BhG, 13, 1-2, trad. di Raniero Gnoli).]

[em: °visphuradghora°; ms: °visphurasbhora°]


यस्य स्फुरत्तेजोमहामरीचि-

संहारचक्रक्रमेण रावः |

निरुत्तरज्ञानकृतावभासां

श्रीमङ्गलामस्मि समानतस्ताम् || ११ ||

yasya sphurat tejomahāmarīci-

saṃhāracakrakrameṇa rāvaḥ |

niruttarajñānakṛtāvabhāsāṃ

śrīmaṅgalām asmi samānatas tām || 11 ||

11) (Lo Kṣetrapāla) del quale il fragore, si diffonde con la sequenza di riassorbimento dei cakra (e) lo splendore dei grandi raggi di luce. Io sono (inchinato), ugualmente, alla gloriosa Maṅgalā, la cui manifestazione è prodotta dalla Conoscenza senza superiore.

[Maṅgalā, insieme alle sue discepole yoginī, è l'iniziatrice del lignaggio spirituale del Krama.]

[em: °krameṇa rāvaḥ; ms: °krameṇena rāvaḥ]


वाद्यानाहतहेतोः उज्झितक्रम-

पञ्चधा जगति रावभूस्थितिः |

नौमि पञ्चविधरश्मिपूजनम्

प्रक्रमप्रसरे साहसेनताम् || १२ ||

vādyānāhatahetoḥ ujjhitakrama-

pañcadhā jagati rāvabhūsthitiḥ |

naumi pañcavidharaśmipūjanam

prakramaprasare sāhasenatām || 12 ||

12) Nel mondo, il luogo esistenziale del fragore (si identifica con) la quintuplice sequenza, abbandonata per il (suono) non percosso (anāhata) di uno strumento musicale. Io rendo omaggio all'adorazione dei raggi in cinque forme, nel flusso della progressione, sostanziata di coraggio.

[em: vādyānāhatahetoḥ; ms: vāḍyanāhataheto°]


यत्र सूर्यशशिवह्नितापकाव्यये

को भयभयो विराजते |

रश्मिचक्रनिचयाद्यनाहता-

मूर्तिचक्रममलं नमामि तम् || १३ ||

yatra sūryaśaśivahnitāpakāvyaye

ko bhayabhayo virājate |

raśmicakranicayādyanāhatā-

mūrticakram amalaṃ namāmi tam || 13 ||

13) Chi è colui che rifulge, come terrore del terrore, là dove (vi è) l'ardore imperituro del Sole, della Luna e del Fuoco? Io rendo omaggio a quell'immacolato cakra la cui forma non percossa (anāhata) raccoglie (in sè) i cakra a cominciare da quelli correlati ai raggi di luce (raśmicakra).

[em: °tāpakāvyaye; ms: °tāpakāvyāye. em: raśmicakranicayādyanāhatāmūrticakram; ms: raśmicakranicayo ghanāhatā mūrticakram]


यस्य मरीचिनिचयोऽस्य समस्त-

व्यस्तविकासनिरासघनश्रीः |

भामुखं मधुरमजचक्रम्

अमूर्तिमलम्प्रणतोऽहम् || १४ ||

yasya marīcinicayo'sya samasta-

vyastavikāsanirāsaghanaśrīḥ |

bhāmukhaṃ madhuram ajacakram

amūrtimalam praṇato'ham || 14 ||

14) A quello per il quale l'accumulo di sottili raggi scintillanti (marīci) è, una gloriosa densità consistente nel superamento della completa e dispersa espansione, (io) sono inchinato. Io (sono inchinato) a quel cakra innato, privo di forma e impurità, dolce, volto di splendore.

[Il termine marīci, spesso si riferisce a un raggio di luce che è fine, etereo o quasi impercettibile. Una sorta di 'fotismo', a rendere l'idea di una particella di luce o di una scintilla. Una delle sue connotazioni più affascinanti è quella di 'miraggio', collegata all'idea di un raggio di luce tremolante che crea un'illusione. Questo gli conferisce una sfumatura di transitorietà e di apparente realtà. Nel contesto tantrico, marīci può riferirsi ai raggi spirituali o alle manifestazioni sottili dell'energia.

Il termine raśmi è più generico e ha una connotazione più concreta e direzionale. Il suo significato principale è 'raggio di luce', in particolare i raggi del sole, o di qualsiasi altra fonte diretta. In sintesi, potremmo dire che marīci tende a focalizzarsi sulla qualità sottile e sull'essenza particellare della luce, mentre raśmi accentua la funzione direzionale e la struttura definita dei raggi.]

[em: bhāmukhaṃ madhuram ajacakram amūrtimalam praṇato'ham; il testo manoscritto è decisamente ostico: bhā<bhya>mukh<eṇḍ>a madu<m>ram ajā<nta>cakram amurttimalaṃ]


यस्य सा जगति सर्वगा

स्थितिभीत्यवलुप्तविग्रहम् |

तं अवरपीठसंस्थितं

द्वादशाभमिह रश्मिमण्डलम् || १५ ||

yasya sā jagati sarvagā

sthitibhītyavaluptavigraham |

taṃ avarapīṭhasaṃsthitaṃ

dvādaśābham iha raśmimaṇḍalam || 15 ||

15) Di quel (cakra) del quale Lei, presente ovunque nell'universo, ha una forma non perduta per il terrore della permanenza, a quello, che è localizzato nel Santuario ausiliario, qui (rendo omaggio), al maṇḍala dei raggi dai dodici splendori.

[Il termine pīṭha significa 'seggio', 'trono' o 'santuario'. I pīṭha sono le sedi sacre primarie, i luoghi di massima importanza in cui si manifesta la Divinità. Sono i santuari principali e più potenti. Un upapīṭha è, invece, un santuario ausiliario o una sottosede di un pīṭha principale. Questi luoghi sono associati a una manifestazione secondaria della Divinità o a una sua emanazione. Se un pīṭha è la sede di una grande Dea, un upapīṭha potrebbe essere il luogo di venerazione di una sua forma locale o di un'entità ad essa collegata. Anche avarapīṭha è un termine che indica una sede sacra di importanza inferiore rispetto a un pīṭha principale. I termini upapīṭha e avarapīṭha possono essere usati per indicare una gerarchia di santuari, con avarapīṭha che rappresenta una sede ancora più marginale o meno potente rispetto allo upapīṭha.]


याविलोक्य स भयाभयत्रम्

अश्रान्तमेति सहसैव सत्क्रमः |

तं गुरुं सदयहृदि कल्पना

नीलराशितीव्रानला नुमः || १६ ||

yāvilokya sa bhayābhayatram

aśrāntam eti sahasaiva satkramaḥ |

taṃ guruṃ sadayahṛdi kalpanā

nīlarāśitīvrānalā numaḥ || 16 ||

16) Colei che, non avendola sotto lo sguardo (avilokya), la vera Sequenza (satkrama) immediatamente si arresta e, senza indugio (aśrāntam), cerca una protezione tra il terrore e l'assenza di terrore. Salutiamo il Maestro, nel cui cuore compassionevole Lei è immaginata, una fiamma vigorosa (tīvra), densa di sfumature bluastre.

[em: kalpanā nīlarāśitīvrānalā numaḥ;

ms: kalpanā nīlarāśivatravānalaḥ]


याऽस्या जगतो निरन्तरानुग्रह-

क्रमविधिः विधीयते |

शुद्धबोधविभवप्रभाभिधाम्

ताम्नमामि घृणीम्विशारिणीम् || १७ ||

yā'syā jagato nirantarānugraha-

kramavidhiḥ vidhīyate |

śuddhabodhavibhavaprabhābhidhām

tām namāmi ghṛṇīm viśāriṇīm || 17 ||

17) Colei per la quale, in riferimento a questo mondo, si stabilisce la metodologia della sequenza di una grazia ininterrotta, di fronte a quella, io rendo omaggio, (a Lei) che è splendore pervadente, che ha il nome di splendore, di prosperità, di pura consapevolezza.


ज्ञानमत्र न मेलकोल्लसस्य

सर्वाक्षशाम्लविलासस्य चर्यया |

वृन्दचक्रमिह यं स्थितं सदा

पञ्चवाहं यमरश्मिं नौमि ताम् || १८ ||

jñānam atra na melakollasasya

sarvākṣaśāmlavilāsasya caryayā |

vṛndacakram iha yaṃ sthitaṃ sadā

pañcavāhaṃ yamaraśmiṃ naumi tām || 18 ||

18)La conoscenza, qui, non (è raggiunta) con la (mera) pratica del godimento degli elisir amari (inebrianti), di tutte le facoltà sensoriali e (con la pratica) del godimento dell'unione. Io mi inchino, qui, alla moltitudine dei cakra che perdura sempre, che porta in sè la pentade, al raggio di Yama.

[Il termine śāmlavilāsa, o āmla° ('il godimento degli elisir amari') potrebbe riferirsi a un aspetto di queste pratiche, dove si consuma una bevanda acida, amara o pungente, probabilmente a base di tamarindo, forse per alterare la percezione e raggiungere uno stato di coscienza superiore.

Il verso, tuttavia, afferma che, anche se queste pratiche sono parte del percorso, non sono il fine ultimo. Il verso afferma che la vera conoscenza trascende il piacere sensoriale, sia esso ordinario (melakollāsa, il godimento dell'unione) o non convenzionale e 'amaro' (śāmlavilāsa).]

[em: jñānam atra na melakollasasya sarvākṣaśāmlavilāsasya caryayā; ms: jñānam atra va melakollasarvākṣaśāmlavavilāsacaryayā]


या निरावृत्तिमहोर्मिसुन्दरोल्लास-

हासनिरजरश्मिघस्मराः |

नित्यनिर्मलविशुद्धधीतिभि-

र्ज्ञानसिद्धिविभवां नमामि ताम् || १९ ||

yā nirāvṛttimahormisundarollāsa-

hāsanirajaraśmighasmarāḥ |

nityanirmalaviśuddhadhītibhi-

r jñānasiddhivibhavāṃ namāmi tām || 19 ||

19) A Lei, che è divoratrice dei raggi di loto, della risata, della gioia splendida e delle onde potenti senza ritorno, a Costei che è la maestà della perfezione della conoscenza, con i pensieri eternamente puri, senza macchia e purificati, io rendo omaggio.


स्वस्वरूपरुचिसञ्चयोल्लस-

विशुद्धभ्रमविमर्षहर्षणाम् |

रावघस्मरमहामरीचया नमामि

मत्रमयसिद्धियानविग्रहाम् || २० ||

svasvarūparucisañcayollasa-

viśuddhabhramavimarṣaharṣaṇām |

rāvaghasmaramahāmarīcayā namāmi

matramayasiddhiyānavigrahām || 20 ||

20) A Colei che genera felicità nella consapevolezza del vagabondaggio illusorio (nel saṃsāra), purificata dalla radiosità gioiosa raccolta nello splendore della sua natura essenziale, io rendo omaggio. A Colei la cui immagine corporea è il veicolo della perfezione fatta di misure ritmiche, con le grandi scintille divoratrici del fragore.


उल्लसन्नवनवक्रमात्सा

ग्राससंहतरसात्मशक्तिः |

अकुलकुलविशुद्धया नमामि तां

मलकस्थितिनिरार्गलाश्रयः || २१ ||

ullasan navanavakramāt sā

grāsasaṃhatarasātmaśaktiḥ |

akulakulaviśuddhayā namāmi tāṃ

malakasthitinirārgalāśrayaḥ || 21 ||

21) Splendente per sequenza di nove in nove, Lei, (è) la divina Potenza il cui sé è l'essenza raccolta dal divoramento. Con la perfetta purificazione di ciò che è immanente (kula) e trascendente (akula), a Lei mi inchino, (io, che sono) il rifugio senza ostacoli della permanenza dell'impurità.


विश्वसंहतिमरीचिसञ्चयं

यस्या भरसंहतिरासासवालनाम् |

भावस्य दूरविलयप्रभोज्झितां

साक्षात्सिद्धिविभवाम्नमामि ताम् || २२ ||

viśvasaṃhatimarīcisañcayaṃ

yasyā bharasaṃhatirāsāsavālanām |

bhāvasya dūravilayaprabhojjhitāṃ

sākṣāt siddhivibhavām namāmi tām || 22 ||

22) A Colei la cui moltitudine di scintille è l'insieme compatto dell'universo, della quale il concatenarsi delle essenze è il riassorbimento di un carico, (a Colei) il cui splendore ha abbandonato la dissoluzione lontana dell'esistenza, io rendo omaggio, direttamente, a Lei che è la maestà della perfezione.

[Il verso necessita di molte correzioni, rispetto alla lettura incerta del manoscritto:

viśvasaṃhatimarīcisañcayara yas bharasaṃhṛtir āsravāvalī,

bhāvasya davilavaprabhojjhitāṃ śākṣasiddhavibhavan namāmi tāṃ]


त्यागसंग्रहशादैः समुज्झित-

व्योमविग्रहसमाश्रिताश्रितम् |

शाम्भवादिविरूडयात्महोजस-

स्तं नमामि सततं नभस्तपः || २३ ||

tyāgasaṃgrahaśādaiḥ samujjhita-

vyomavigrahasamāśritāśritam |

śāmbhavādivirūḍayātma-h-ojasa-

s taṃ namāmi satataṃ nabhas tapaḥ || 23 ||

23) Sempre rendo omaggio a quel cielo ardente di ascesi, splendore maestoso del Sè, cresciuto nella sfera del Signore e simili (realtà metafisiche), rifugiato nel rifugio di una forma eterica completamente superata, lasciando cadere la rinuncia e l'accumulo.

[ātma-h-ojasas: -h epentetico per risolvere lo iato]


यस्य रश्मिनिचयसमुल्लसत्

पञ्चयोनिचतुरो विराजते |

तत्कुलाकुललयोदयकुलसृष्तिचक्रम्

अमलम् समन्ततः || २४ ||

yasya raśminicayasamullasat

pañcayonicaturo virājate |

tat kulākulalayodayakulasṛṣticakram

amalam samantataḥ || 24 ||

24) (Rendo omaggio) a quel Ciclo di Creazione immanente (kulasṛṣticakra), consistente nel sorgere e nel dissolversi di ciò che è immanente e trascendente, completamente privo di impurità. Di quello grazie al quale si dispiega una tetrade di quintuplici Matrici (pañcayoni) che irradiano moltitudini di raggi di luce.


परबिन्दुविलयोदयाशमा-

स्फारणसनलासापरास्थितिः |

तन्नमामि बहुलानलानल-

व्याकुलकुलव्यासविवल्लितम् || २५ ||

parabinduvilayodayāśamā-

sphāraṇasanalāsāparāsthitiḥ |

tan namāmi bahulānalānala-

vyākulakulavyāsavivallitam || 25 ||

25) Il Mantenimento cosmico (sthiti) supremo (è) un lento danzare (sanalāsa) la cui vibrazione non si estingue (aśamāsphāraṇa) per il sorgere e dissiparsi del Nucleo energetico (bindu) supremo. A quel (mantenimento dell'universo) rendo omaggio, ondeggiante e disteso, tra la (realtà) immanente e (quella) trascendente, perturbato da fuochi e fuochi abbondanti.

[Il verso ha richiesto emendazioni pesanti, rispetto alla versione del manoscritto che presento qui, in trascrizione diplomatica:

pāravīnduvilayodayāśmaraspharyanāsanalasāparāsthi*(f.8b/1)tiḥ |

tan namāmi bahulānalānalavyākulākulākulavyāsavivallitaṃ]


यातिभीषणमरीचिसंचयाचार-

चर्वणमहाचमत्कृतिः |

खण्डिताकुलितभीमविग्रहाम्

नौमि तामतिरसनसंहतिम् || २६ ||

yātibhīṣaṇamarīcisaṃcayācāra-

carvaṇamahācamatkṛtiḥ |

khaṇḍitākulitabhīmavigrahām

naumi tām atirasanasaṃhatim || 26 ||

26) Io rendo omaggio a Colei la cui immensa gustazione stupefatta (camatkṛti) nell'inghiottire (carvaṇa) il moto ripetuto (ācāra) della massa raccolta di scintille (marīcisaṃcaya) è spaventosa oltremisura, (e, allo stesso tempo) a quella concentrazione di straordinaria corrente essenziale (atirasana), manifestazione corporea masticata, agitata e terribile.

[L'atto di omaggio, in questo verso, è rivolto simultaneamente a due aspetti della stessa realtà. Il primo aspetto è la Divoratrice, l'aspetto terrificante e attivo della Dea che divora l'universo manifestato. Questa è la forza che frammenta, agita e riassorbe la creazione nel ciclo di dissoluzione cosmica. Al contempo, la lode comprende l'universo stesso, l'Energia che è divorata, masticata ad ogni istante, incessantemente. La Dea è soggetto e oggetto del processo di riassorbimento che comprende, insieme, l'essenza suprema e la corrente di coscienza che viene riassorbita. Questo è il principio puro e concentrato che è la base dell'esperienza della Coscienza e questa apparente dualità è un'espressione della natura non duale della realtà ultima.]


सर्वसंहतिं समर्प्यणाकुल

ग्रासलालसमहानलानलम् |

वह्निदुःसहदशसमुद्भवालस्य-

निर्भराभां समुत्कटां || २७ ||

sarvasaṃhatiṃ samarpyaṇākula

grāsalālasamahānalānalam |

vahniduḥsahadaśasamudbhavālasya-

nirbharābhāṃ samutkaṭāṃ || 27 ||

27) (Rendo omaggio a Lei), il cui grande fuoco del fuoco è il desiderio di divorare l'offerta agitata dell'insieme compatto dell'universo. (A Lei) che è sublime (samutkaṭām), la cui radiosità, originata dalla condizione di un fuoco difficile a sopportarsi, reca in sè l'inerzia (della materia) (ālasya).

द्वादशात्मकमरीचिसञ्चय

आचारचारुरविरश्मिभासुरम् |

यद्वपुर्जगति तद्विराजते

तन्नौमि सततं महानलम् || २८ ||

dvādaśātmakamarīcisañcaya

ācāracāruraviraśmibhāsuram |

yad vapur jagati tad virājate

tan naumi satataṃ mahānalam || 28 ||

28) Rendo omaggio, continuamente, a quel grande fuoco, quel corpo che illumina il mondo, la cui radiosità è l'insieme dei raggi del sole che si comportano come una moltitudine di scintillazioni sottili, di dodici nature.

[Il numero dodici (dvādaśa) riveste un'importanza fondamentale nel sistema del Krama, che si basa su una dottrina di cicli e sequenze (krama). Il termine dvādaśātmaka ("di dodici nature") nel verso non è casuale, ma fa riferimento alle dodici Kālī, le manifestazioni della dea suprema Kālasaṃkarṣinī (la "Divoratrice del Tempo"), la forma della Dea Kālī adottata dal sistema Krama come divinità suprema.

Nel Krama, queste dodici Kālī rappresentano le dodici fasi della coscienza che si sviluppano durante qualsiasi processo di percezione o cognizione. Queste fasi sono simbolicamente rappresentate come i dodici organi della conoscenza, ovvero i dieci sensi (cinque di percezione e cinque di azione), oltre alla mente (manas) e all'ego (ahaṃkāra). Ogni volta che si verifica un atto di conoscenza (ad esempio, vedere un oggetto), la coscienza attraversa una sequenza di dodici fasi, dal primo impulso percettivo (Sṛṣṭikālī) all'ultima fase di riassorbimento dell'esperienza (Mahābhairavaghoracaṇḍakālī). L'intero ciclo è un'emanazione (sṛṣṭi) e un riassorbimento (saṃhāra) della coscienza stessa, che si manifesta in dodici modi differenti. Il verso, lodando la "moltitudine di scintillazioni sottili, di dodici nature", celebra la divinità come la fonte e la sostanza di questo ciclo.]


इत्थमेतदधिगम्य केनचित्

अयं स्तुतिर्द्विपदभावता |

येन विश्वमनिशं शिवाशिव-

प्रोज्झितक्रमविलाससंस्तुतम् || २९ ||

ittham etad adhigamya kenacit

ayaṃ stutir dvipadabhāvatā |

yena viśvam aniśaṃ śivāśiva-

projjhitakramavilāsasaṃstutam || 29 ||

29) Così pervenuto a questa (conclusione), per mezzo di un qualcuno, vi è questa lode ai Vostri due piedi. (Un qualcuno) per mezzo del quale l'universo è costantemente lodato con il piacere di una sequenza rilasciata, che è adirata o benefica.



  • | श्रीक्रमविलासस्तोत्रं समाप्तम् इति ||
  • | मङ्गलमहाश्री || ||

śrīkramavilāsastotraṃ samāptam iti ||

  • | maṅgalamahāśrī ||

"Inno al dispiegamento gioioso della Divina Sequenza" (Kramavilāsastotra), è concluso così.

Grande Prosperità e buon auspicio.


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