La Collina di Gaṇḍa e il Mondo nella Roccia

26.10.2025

La storia che si svolge nella Collina di Gaṇḍa, con la scoperta di un intero universo racchiuso in un minuscolo spazio all'interno di una roccia, è l'apice letterario della metafisica del Tripurārahasya, il "Segreto della (Dea) delle Tre Città (della Coscienza), occupando tre capitoli dell'ampia "Sezione sulla Gnosi" (Jñānakhaṇḍa).

Opera filosofica e devozionale dell'India medievale, il Tripurārahasya si apre nella cornice vedica e brahmanica dei personaggi, saggi, veggenti, asceti che, via via, saranno coinvolti nei lunghi dialoghi del poema mistico.

Il Tripurārahasya presenta una sintesi tra lo Advaita Vedānta, il cui ideale supremo è la Liberazione dell'anima attraverso la realizzazione intellettuale e intuitiva della Non-dualità, e, soprattutto, lo Śivaismo kashmiro di orientamento Śākta, centrato sul culto tantrico e la sulla contemplazione yogica della Dea. Dottrina la cui base filosofica è la Scuola monistica del Riconoscimento (Pratyabhijñā), sviluppatasi pienamente a partire dall'XI°secolo. Nello Śivaismo kashmiro, la Realtà Suprema è Śiva, l'Assoluto non duale, descritto come l'unione inseparabile di "Prakāśa" (la Luce pura, la Coscienza statica) e "Vimarśa" (l'Autoriflessione o la Potenza dinamica).

La Dea Tripurāsundarī, la "Bella delle Tre Città", ossia dei tre stati di coscienza, veglia, sogno e sonno profondo, si identifica essenzialmente con questa "Vimarśa", la Potenza dinamica di Śiva che si autoproietta. La "Vimarśa" è sinonimo di "Svātantrya", la libertà sovrana e assoluta della Coscienza di manifestare il cosmo come un gioco (līlā), in completa autonomia, senza dipendere da nulla all'esterno di sè. Il "Mondo nella Roccia" non è solo illusione (Māyā), ma una dimostrazione della illimitata libertà creativa della Dea di contrarre e espandere spazio e tempo a piacimento. Esso offre una prova mistica che la dilatazione dello spazio e del tempo è unicamente una funzione della Coscienza che percepisce. Lo spazio "fisico" non ha alcun limite, poichè i confini sono imposti dalla percezione limitata. Interi cicli cosmici (creazione, mantenimento, distruzione) si svolgono in un frammento di materia, provando che la temporalità è soggettiva. Il Tripurārahasya usa la roccia come metafora per dimostrare che il Multiverso è costituito di sola Coscienza, che si contrae e si espande a piacimento, creando infiniti universi o "mondi-bolla" al suo interno.


Tripurārahasya, 1, 12


Tripurārahasya, 1, 13


Tripurārahasya, 1, 14