Patañjali, "Mahābhāṣya" ["Grande Commento"]

atha śabdānuśasanam //

athety ayaṃ śabdo'dhikārārthaḥ prayujyate /
śabdānuśasanaṃ nāma śāstram adhikṛtaṃ veditavyam /
keṣāṃ śabdānāṃ / laukikānāṃ vaidikānāñ ca /
tatra laukikās tāvad gaur aśvaḥ puruṣo hastī śakunir mṛgo brāhmaṇa iti //
vaidikāḥ khalv api 'śán no devī́r abhíṣṭaye' /
'iṣé tvorjé tvā' / 'agním īḷe puróhitam' / 'agna āyāhi vītaye'/ iti //

Adesso, (segue) l'Insegnamento della Parola.
Questa Parola 'adesso' ha il significato di inizio (adhikāra).
'Insegnamento della Parola' denomina il trattato qualificato, che deve essere conosciuto.
Di quali parole? Di quelle correnti e di quelle appartenenti al Veda.
Colà, le correnti sono 'vacca', 'cavallo', 'uomo', 'elefante', 'uccello', 'gazzella', 'brahmano'.
Quelle appartenenti al Veda, invece, sono "Ye, Waters, truly bring us bliss: so help ye us to strength and power" (Griffith - AtharvaVeda, 1, 6, 1), 
"For food thee, for strenght thee" (Keith - YajurVeda, 1, 1, 1), 
"I Laud Agni, the chosen Priest" (Griffith - ṚgVeda, 1, 1, 1) 
 "Come, Agni, praised with songs" (Griffith - SāmaVeda, 1, 1, 1).

atha 'gaur' iti atra kaḥ śabdaḥ //
kiṃ yat tat sāsnālāṅgūlakakudakhuraviṣāṇyartharūpaṃ sa śabdaḥ //
nety āha dravyaṃ nāma tat //

Adesso, (il termine) 'vacca'. In ciò, che cosa si intende per 'Parola'?
Forse quella forma che ha il significato di 'giogaia', 'coda', 'gobba', 'zoccoli', 'corna', (è) essa la Parola?
No, si disse; quella ha per nome 'Sostanza'.

yat tarhi tad iṅgitaṃ ceṣṭitaṃ nimiṣitam iti sa śabdaḥ //
nety āha kriyā nāma sā /

Forse, allora, il gesto, il movimento, l'occhieggiamento. (E') essa la Parola?
No, si disse; quella ha per nome 'Azione'.

yat tarhi tac chuklaḥ nīlaḥ kṛṣṇaḥ kapilaḥ kapotaḥ iti saḥ śabdaḥ /
nety āha guṇaḥ nāma saḥ /

Forse, allora, quel bianco, lo scuro, il nero, il marrone, il grigio.
(E') essa la Parola?
No, si disse; quella ha per nome 'Qualità'.

yat tarhi tat bhinneṣv abhinnam chinneṣu acchinnam sāmānyabhūtam saḥ śabdaḥ /
nety āha ākṛtiḥ nāma sā /

Forse, allora, quell'elemento comune che (è) indiviso tra cose divise, tagliato rimane integro, (è) esso la Parola?
No, si disse; quello ha per nome 'Forma'.

kas tarhi śabdaḥ /
Cosa (è), dunque, la Parola?

yenoccāritena sāsnālāṅgūlakakudakhuraviṣāṇinām sampratyayo bhavati
sa śabdaḥ /

Ciò che, per mezzo della pronuncia del quale, viene in essere la nozione di (animali)
dotati di giogaia, coda, gobba, zoccoli, corna, essa (è) la Parola.

kāni punaḥ śabdānuśāsanasya prayojanāni /
Quali sono, allora, dell'insegnamento sulla Parola, le finalità?

rakṣohāgamalaghvasandehāḥ prayojanam /
La Preservazione, le regole di Modificazione, l'Ingiunzione (tradizionale),
la Brevità, la Certezza, (rappresentano) la finalità.

rakṣārthaṃ vedānām adhyeyaṃ vyākaraṇam /
lopāgamavarṇavikārajño hi samyag vedān paripālayiṣyati /
Allo scopo della Preservazione dei Veda, deve essere studiata la Grammatica.
Infatti, colui che conosce l'elisione, le ingiunzioni, le modificazioni delle lettere, correttamente proteggerà i Veda.

ūhaḥ khalv api / na sarvair liṅgair na ca sarvābhiḥ vibhaktibhiḥ vede mantrāḥ nigaditāḥ /
te cāvaśyam yajñagatena puruṣeṇa yathāyathaṃ vipariṇamayitavyāḥ /
tān nāvaiyākaraṇaḥ śaknoti yathāyathaṃ vipariṇamayitum /
tasmāt adhyeyam vyākaraṇam /

La Modificazione, certamente. Non con tutti i generi e con tutte le desinenze, nel Veda, le formule sono pronunciate. E queste, necessariamente, devono essere trasformate come si deve dall'uomo impegnato nel Sacrificio. Uno che non è un grammatico non è in grado di trasformare quelle come si deve. Perciò, deve essere studiata la Grammatica.

āgamaḥ khalv api / brāhmaṇena niṣkāraṇo dharmaḥ ṣaḍaṅgo vedo'dhyeyo jñeyaś ce'ti /
pradhānaṃ ṣaḍaṅgeṣu vyākaraṇam / pradhāne ca kṛto yatnaḥ phalavān bhavati /

L'Ingiunzione tradizionale, certamente. 'Da un brahmano, il dharma e il Veda con i sei membri deve essere studiato e conosciuto in modo disinteressato'. Il principale tra i sei membri è la Grammatica. Lo sforzo compiuto nel principale, diventa portatore di frutto.

laghvarthaṃ ca adhyeyaṃ vyākaraṇam / brāhmaṇenā'vaśyaṃ śabdā jñeyāḥ iti /
na cā'ntareṇa vyākaraṇaṃ laghunopāyena śabdāḥ śakyā jñātum /

E allo scopo della brevità, deve essere studiata la Grammatica.
'Da un brahmano, necessariamente le parole devono essere conosciute'.
E le parole non possono conoscersi con un mezzo più breve, eccetto la Grammatica.

asandehārthaṃ ca adhyeyaṃ vyākaraṇam / yājñikāḥ paṭhanti /
sthūlapṛṣatīm āgnivāruṇīm anaḍvāhīm ālabheta iti /
tasyāṃ sandehaḥ sthūlā cāsau pṛṣatī ca sthūlapṛṣatī sthūlāni vā pṛṣanti yasyāḥ seyaṃ sthūlapṛṣatīti / tāṃ nāvaiyākaraṇaḥ svarato'dhyavasyati / yadi pūrvapadaprakṛtisvaratvaṃ tato bahuvrīhiḥ / atha samāsāntodāttatvaṃ tatas tatpuruṣa iti //

E allo scopo della certezza, deve essere studiata la Grammatica.
I Sacrificanti dicono: 'sthūlapṛṣatīm āgnivāruṇīm anaḍvāhīm ālabheta'
In questa, (vi è) il dubbio: 'sthūlā cāsau pṛṣatī ca' = 'sthūlapṛṣatī' ( = tatpuruṣa);
oppure: 'sthūlāni vā pṛṣanti yasyāḥ seyaṃ' = 'sthūlapṛṣatī' ( = bahuvrīhi).
Il non-grammatico non lo distinguerebbe dal suono.
Se (vi è) l'accento sul primo termine, allora (è) un bahuvrīhi.
Se (vi è) l'accento udātta alla fine del composto, allora (è) un tatpuruṣa.

imāni ca bhūyaḥ śabdānuśāsanasya prayojanāni / 'te'surāḥ' 'duṣṭaḥ śabdaḥ' 'yat adhītam'
'yas tu prayuṅkte' 'avidvāṃsaḥ' 'vibhaktiṃ kurvanti' 'yo vai imām' 'catvāri' 'uta tvaḥ' 'saktum iva' 'sārasvatīm' 'daśamyāṃ putrasya' 'sudevo'si varuṇa' iti /

Queste, inoltre, per l'insegnamento sulla parola, sono le forme: 'Questi Asura', 'parola sbagliata', 'ciò che è studiato', 'colui che utilizza', 'l'ignorante', '(essi) creano il suffisso', 'colui che (legge) queste', 'i quattro', 'anche altri', 'come legumi in polvere', 'appartenente a Sarasvatī', 'del figlio, 'nel decimo giorno lunare', 'dio benevolo sei, o Varuṇa'.

'te'surāḥ' / te'surā helayo helaya iti kurvantaḥ parābabhūvus / tasmāt brāhmaṇena
na mlecchitavai nāpabhāṣitavai / mleccho ha vā eṣa yad apaśabdaḥ /
mlecchā mā bhūma ity adhyeyaṃ vyākaraṇam / te'surāḥ //

'Questi Demoni'. Questi Demoni, pronunciando 'helayo helaya' furono sconfitti.
Perciò, da parte di un brahmano, non bisogna imbarbarire, nè involgarire il linguaggio.
Ciò che è linguaggio volgare, è detto barbaro.
Non imbarbariamoci! Così, deve essere studiata la Grammatica.
'Questi Demoni'.

'duṣṭaḥ śabdaḥ' / duṣṭaḥ śabdaḥ svarato varṇato vā mithyā prayukto na tam artham āha /
sa vāg vajro yajamānaṃ hinasti yathendraśatruḥ svarato'parādhāt / iti /
duṣṭāñ cchabdān mā prayukṣmahī 'ti adhyeyaṃ vyākaraṇam / 'duṣṭaḥ śabdaḥ' //

'Parola sbagliata'. Una parola sbagliata per accento o per suono, usata in modo erroneo non veicola quel significato. Quel vocabolo è un fulmine che trafigge colui che sta compiendo il rito sacrificale, come l'espressione 'indraśatruḥ', a causa dello sbaglio dell'accento. Non dobbiamo usare parole sbagliate! Così, deve essere studiata la Grammatica.
'Parola sbagliata'.

'yad adhītam' / yad adhītam avijñātaṃ nigadenaiva śabdyate anagnāv iva śuṣkaidho na taj jvalati karhicit / tasmād anarthakaṃ mādhigīṣmahī 'ti adhyeyaṃ vyākaraṇam / 

'yad adhītam' //
'Ciò che è studiato'. Ciò che è studiato, (ma) non compreso, (e) viene pronunciato con una recitazione approssimata, è come legna secca che non brucia affatto là dove non c'è fuoco.
Perciò, non dobbiamo leggere una cosa priva di significato. Così, deve essere studiata la Grammatica.
'Ciò che è studiato'.

'yas tu prayuṅkte' /
yas tu prayuṅkte kuśalo viśeṣe śabdān yathāvad vyavahārakāle /
so'nantam āpnoti jayaṃ paratra vāgyogavid duṣyati ca apaśabdaiḥ //

'Colui che utilizza'.
Colui che utilizza, abile, in speciali situazioni, le parole come si deve, al momento del parlare comune,
egli, infinita vittoria ottiene nell'altro mondo. Colui che è conoscitore dell'impiego delle parole,
è, però, corrotto dalle espressioni volgari.

kaḥ / vāgyogavid eva /
kuta etat /
yo hi śabdāñ jānāty apaśabdān apy asau jānāti /
yathaiva hi śabdajñāne dharmaḥ
evam apaśabdajñāne'py adharmaḥ /

Chi? Soltanto il conoscitore dell'impiego delle parole.
Perchè questo?
Colui che, infatti, conosce le parole, di conseguenza conosce le espressioni volgari.
Così come, infatti, vi è merito nella conoscenza delle parole,
del pari vi è demerito nella conoscenza delle espressioni volgari.

atha vā bhūyān adharmaḥ prāpnoti / bhūyāṃso'paśabdāḥ alpīyāṃsaḥ śabdā iti /
ekaikasya hi śabdasya bahavo'paśabdāḥ / tadyathā 'gaur' iti asya śabdasya gāvī goṇī gotā gopotaliketyādayo bahavo'pabhraṃśāḥ / atha yo'vāgyogavid ajñānaṃ tasya śaraṇam /

Oppure, prevale il demerito; ci sono più parole volgari, e meno parole (corrette).
Per ciascuna parola corretta, infatti, molte sono le parole volgari.
Così, per questa parola corretta 'vacca', vi sono molte forme scorrette, 'gāvī', 'goṇī', 'gotā', 'gopotalikā' ed altre. Adesso, colui che non è un conoscitore dell'impiego delle parole, l'ignoranza è per lui rifugio.

viṣama upanyāsaḥ / nātyantāyā'jñānaṃ śaraṇam bhavitum arhati / yo hy ajānan vai brāhmaṇam hanyāt surām vā pibet so'pi manye patitaḥ syāt /
La tesi è contraddittoria. L'ignoranza non può essere un rifugio all'infinito.
Uno che, infatti, inconsapevolmente uccide un brahmano o beve liquore, ritengo che possa, comunque, considerarsi decaduto (spiritualmente).

evam tarhi 'so'nantam āpnoti jayaṃ paratra vāgyogavid duṣyati cāpaśabdaiḥ' /
kaḥ / avāgyogavid eva / atha yo vāgyogavid vijñānaṃ tasya śaraṇam /

Così, allora, 'Egli ottiene infinita vittoria nell'Altro mondo, (mentre) il conoscitore dell'impiego delle parole si corrompe con le parole volgari'.
Chi? Soltanto colui che ignora l'impiego delle parole. Invece, colui che è conoscitore dell'impiego delle parole, la conoscenza (è) per lui il rifugio.

kva punaḥ idaṃ paṭhitam / bhrājāḥ nāma ślokāḥ /
kiñ ca bhoḥ ślokāḥ api pramāṇam /
kim cātaḥ / yadi ślokā api pramāṇam ayam api ślokaḥ pramāṇaṃ bhavitum arhati /

Dove, ancora, questo viene letto?
Le cosiddette 'stanze splendenti'.
Oh. Anche le stanze sono autorevoli?
Da che, questa (domanda)?
Se anche le stanze sono autorevoli, allora anche questa stanza dovrà esserlo:

yad udumbaravarṇānāṃ ghaṭīnāṃ maṇḍalaṃ mahat //
pītaṃ na gamayet svargaṃ kiṃ tat kratugataṃ nayet // iti /

"Se una grande collezione di coppe dai colori ramati,
una volta bevuta, non conduce al Cielo, potrà mai ciò
essere ottenuto col rituale
?"

pramattagīta eṣa tatrabhavataḥ /
yas tv apramattagītas tat pramānam /
'yas tu prayuṅkte' //

Questa da voi citata è la canzone di un matto.
Quella che non è la canzone di un matto, quella è autorevole.

avidvāṃsaḥ //
avidvāṃsaḥ pratyabhivāde nāmno ye na plutiṃ viduḥ /
kāmaṃ teṣu tu viproṣya strīṣv ivāyam ahaṃ vadet /
abhivāde strīvan mā bhūme'ti adhyeyaṃ vyākaraṇam //
avidvāṃsaḥ //

'Gli Ignoranti'.
Quegli Ignoranti che, al momento di ricambiare il saluto, non hanno una corretta nozione sull'allungamento (pluti) da applicare al nome, per essi, a piacere, dopo un viaggio, si dica pure "Questo sono io", come con le donne. Al momento del saluto, non dobbiamo essere come le donne, così, bisogna studiare la Grammatica. 
'Gli ignoranti'.

vibhaktim kurvanti //
yājñikāḥ paṭhanti 'prayājāḥ savibhaktikāḥ kāryāḥ' iti /
na ca antareṇa vyākaraṇaṃ prayājāḥ savibhaktikāḥ śakyāḥ kartum //
vibhaktim kurvanti //

'Applicano la terminazione'. I celebranti il Sacrificio leggono: "Le invocazioni, dotate di suffissi vanno compiute".
E senza la Grammatica, le invocazioni non possono essere dotate di suffissi.
'Applicano la terminazione'.

yo vai imām //
yo vai imāṃ padaśaḥ svaraśo'kṣaraś ca vācaṃ vidadhāti sa ārtvijīno bhavati /
ārtvijīnāḥ syāme'ty adhyeyaṃ vyākaraṇam //
yo vai imām //

"Colui che, questa".
Colui che, questa frase, parola per parola, secondo consonanti e vocali, articola (correttamente),
egli diventa Officiante. Affinchè possiamo diventare Officianti, bisogna studiare la Grammatica.
"Colui che, questa".

catvāri //
"catvari śṛṅgā trayo asya padā
dve śīrṣe sapta hastāso asya /
tridhā baddho vṛṣabho roravīti
maho devo martyāṃ āviveśa" // (RV.4.58.3)
'catvāri śṛṅgāṇi' catvāri padajātāni nāmākhyātopasarganipātāś ca /
'trayo asya pādāḥ' trayaḥ kālā bhūtabhaviṣyadvartamānāḥ /
'dve śīrṣe' dvau śabdātmānau nityaḥ kāryaś ca / 'sapta hastāso asya' sapta vibhaktayaḥ /
'tridhā baddhaḥ' triṣu sthāneṣu baddha urasi kaṇṭhe śirasīti / 'vṛṣabho' varṣaṇāt / 'roravīti' śabdam karoti / kuta etat // rautiḥ śabdakarmā //
'maho devo martyāṃ āviveśe'ti' / mahān devaḥ śabdaḥ //
martyā maraṇadharmāṇo manuṣyās / tān āviveśa /
mahatā devena naḥ sāmyaṃ yathā syād iti adhyeyaṃ vyākaraṇam //

'I Quattro'.
"Quattro corni, tre, di esso, le zampe,
due teste, sette mani (sono) di esso.
Tre volte legato, il toro muggisce,
il grande dio, i mortali pervase".
'Quattro corni', (sono) i quattro generi di Parola, Nomi, Verbi, Prefissi e Particelle.
'Tre, di esso, le zampe', (sono) i Tre Tempi, Passato, Futuro, Presente.
'Due teste', (sono) le due anime della parola, eterna e prodotta.
'Sette mani (sono) di esso', (sono) i Sette Casi.
'Tre volte legato', in tre punti legato, nel petto, nella gola, nella testa.
'Il toro', poichè fa piovere. 'Muggisce', produce suono. Perchè questo?
Il muggito ha come oggetto il suono.
'Il grande dio, i mortali pervase', il grande dio è la Parola.
'I mortali', gli uomini soggetti alla morte. Quelli 'Pervase'.
Che vi sia per noi somiglianza con il grande dio! Così, bisogna studiare la Grammatica.

apara āha
"catvari vākparimitā padāni
tani vidur brāhmaṇā ye manīṣiṇaḥ /
guhā trīṇi nihitā neṅgayanti
turīyaṃ vāco manuṣyā vadanti" // (RV, 1,164, 45)
'catvāri vākparimitā padāni' / catvāri padajātāni nāmākhyātopasarganipātāḥ ca /
'tāni vidur brāhmaṇā ye manīṣiṇaḥ' / manaso īṣiṇo manīṣiṇaḥ /
'guhā trīṇi nihitā neṅgayanti' / guhāyāṃ trīṇi nihitāni neṅgayanti /
na ceṣṭante / na nimiṣanti iti arthaḥ /
'turīyaṃ vāco manuṣyā vadanti' / turīyaṃ vā etad vāco yan manuṣyeṣu vartate caturtham iti arthaḥ //
catvāri //

Un altro disse:
"Quattro piedi, le misure della Parola.
Questi li conoscono i colti brahmani.
In una caverna, tre, riposti, non si muovono,
la quarta parte la parlano gli uomini".
"Quattro piedi, le misure della Parola". Quattro tipi di parola sono Nomi, Verbi, Prefissi e Particelle.
"Questi li conoscono i colti brahmani". Uno che raccoglie la mente è chiamato colto.
"In una caverna, tre, riposti, non si muovono", In una caverna, tre parti riposte non si muovono.
Non si agitano, non si muovono. "La quarta parte la parlano gli uomini". E' solo la quarta parte della Parola quella che riguarda gli uomini, questo è il significato.
Quattro.

uta tvaḥ //
"uta tvaḥ paśyan na dadarśa vacam
uta tvaḥ śrṇvan na śṛṇoti enām /
uto tv asmai tanvaṃ vi sasre
jāyeva patya uśatī suvāsāḥ" // (RV. 10.71.4)
'uta tvaḥ' //
api khalv ekaḥ paśyann api na paśyati vācam / api khalv ekaḥ śrṇvann api na śrṇoti enām iti /
avidvāṃsam āhārdham //
'uto tv asmai tanvam vi sasre' / tanuṃ vivṛṇute /
'jāyeva patya uśatī suvāsāḥ' / tad yathā jāyā patye kāmayamānā suvāsāḥ svam ātmānaṃ
vivṛṇute evaṃ vāg vāgvide svātmānaṃ vivṛṇute / vāṅ no vivṛṇuyād ātmānam ity adhyeyaṃ vyākaraṇam /
uta tvaḥ //

'E altri'.
'E altri vi sono, che pur guardando, non vedono la Parola.
e altri vi sono, che pur sentendo, non la sentono.
E altri vi sono, ai quali essa rivela se stessa
come una sposa ben vestita desidera lo sposo'.
'E altri'.
Inoltre, c'è uno che pur guardando, non vede la Parola, e ancora, uno che pur sentendo, non la sente.
Il semiverso descrive l'ignorante.
'Uno al quale essa rivela se stessa', rivela il corpo.
'Come una sposa ben vestita desidera lo sposo'. Cioè, come una sposa ben vestita e desiderante lo sposo rivela il suo proprio corpo, così a uno che conosce la Parola, essa rivela se stessa.
La Parola riveli a noi se stessa! Così, bisogna studiare la Grammatica.

'saktum iva' //
"saktum iva titaunā punanto
yatra dhīrā manasā vacam akrata /
atrā sakhāyaḥ sakhyāni jānate
bhadraiṣām lakṣmīr nihitādhi vāci" // (RV. 10.71.2)

'Come granaglie'.
"Come granaglie, con un setaccio filtrando, 

là dove gli uomini istruiti,
per mezzo della mente, la Parola puliscono,
è là che gli amici si riconoscono reciprocamente.
La bellezza auspiciosa, (è) inerente alla loro Parola.

'saktuḥ' sacateḥ durdhāvo bhavati / kasater vā viparītād vikasito bhavati /
'titau' paripāvanam bhavati tatavad vā tunnavad vā /
'dhīrā' dhyānavantaḥ 'manasā' prajñānena 'vācam akrata' vācam akṛṣata /
'atrā sakhāyaḥ sakhyāni jānate' / atrāsakhāyaḥsantaḥ sakhyānijānate /

'saktuḥ', dalla radice 'sacati' (=spargere), è difficile a purificarsi. Oppure, da 'kasati', che a consonanti invertite, è 'vikasito' (=dischiuso).
'titau', è completa purificazione, oppure, spargere, oppure cosparso di buchi.
'dhīrā', persone meditative; 'manasā', con mente sapiente; 'vācam akrata', la parola purificano.
'atrā sakhāyaḥ sakhyāni jānate', Qui, gli amici ottengono amicizia.

kva /
ya eṣa durgho mārga ekagamyo vāgviṣayaḥ /
ke punas te /
vaiyākaraṇāḥ /
kuta etat /
'bhadraiṣām lakṣmīr nihitā'dhi vāci' /
'eṣām vāci bhadrā lakṣmīr nihitā bhavati /
lakṣmīr lakṣaṇād bhāsanāt parivṛḍhā bhavati /
'saktum iva' //

-Dove?
Quell'impervio cammino percorribile unicamente quale sfera della Parola.
-Ancora, chi sono essi?
i Grammatici.
-Perchè questo?
'Nella di loro Parola, la bellezza auspiciosa, (è) inerente'.
La parola 'lakṣmī' viene da 'lakṣaṇa', cioè, manifestazione, grazie alla quale la parola diventa onnicomprensiva.
'Come granaglie'.

'sārasvatīm' /
yājñikāḥ paṭhanti "āhitāgniḥ apaśabdaṃ prayujya prāyaścittīyāṃ sārasvatīm iṣṭiṃ nirvaped" iti / prāyaścittīyā mā bhūmety adhyeyaṃ vyākaraṇam /
'sārasvatīm' //

'(Un'oblazione) a Sarasvatī'.
I celebranti leggono: "Chi custodisce il fuoco sacro, dopo aver impiegato una parola volgare,
dovrà offrire un'oblazione espiatoria a Sarasvatī.
Affinchè non debba esservi oblazione espiatoria, bisogna studiare la Grammatica.
'(Un'oblazione) a Sarasvatī'.

'daśamyām putrasya' /
yājñikāḥ paṭhanti "daśamyuttarakālaṃ putrasya jātasya nāma vidadhyād ghoṣavadādyantarantaḥstham avṛddhaṃ tripuruṣānūkam anaripratiṣṭhitam / tad dhi pratiṣṭhitatamaṃ bhavati / dvyakṣaraṃ caturakṣaraṃ vā nāma kṛtaṃ kuryān na taddhitam" iti / na cāntareṇa vyākaraṇaṃ kṛtas taddhitā vā śakyā vijñātum /
'daśamyām putrasya' //

'Del figlio nel decimo (giorno lunare)'.
I celebranti leggono: Trascorso il decimo giorno, di un figlio nato, si dia per nome uno che inizi per sonante o che abbia come mediana un'aspirata, privo di aumento, riferito a tre generazioni, non correlato a nemici. A questo punto, infatti, diviene appropriato. Dovrebbe consistere di due o quattro sillabe, terminante con un suffisso kṛt, e non con un taddhita.
E però, senza la Grammatica, non può essere riconosciuto un suffisso kṛt, o un taddhita.
'Del figlio nel decimo (giorno lunare)'.

'sudevo asi' /
'sudevo asi varuṇa yasya te sapta sindhavaḥ /
anu kṣaranti kākudaṃ sūrmyaṃ suṣiram iva' // (RV. 8.69.12)

"Vero dio tu sei'.
"Vero dio tu sei, o Varuṇa.
Colui dal cui palato, questi sette fiumi
scaturiscono, come (fuoco) da una sagoma traforata".

'sudevo asi varuṇa' satyadevo'si /
'yasya te sapta sindhavaḥ' sapta vibhaktayaḥ /
'anukṣaranti kākudam' / kākudaṃ tālu /
kākur jihvā sā'sminn udyata iti kākudam /
'sūrmyaṃ suṣirām iva' / tad yathā śobhanām ūrmīṃ suṣirām agnir antaḥ praviśya dahati
evaṃ tava sapta sindhavaḥ sapta vibhaktayas tālv anukṣaranti / tena'si satyadevaḥ /
'satyadevāḥ syāme'ti adhyeyaṃ vyākaraṇam /
sudevo asi //

'Vero dio tu sei'. Dio reale, sei.
'questi sette Fiumi', i sette Casi.
'scaturiscono', kākuda indica il palato.
kāku vuol dire 'lingua'; là dove essa batte in alto è chiamato palato.
'Come (fuoco) da una sagoma traforata'. Come una sagoma di ferro traforata (in una fornace), la parola sūrmi significa 'bella effigie'.
Come il fuoco brilla dentro una 'bella effigie' traforata, così i sette fiumi, come i sette Casi, scaturiscono dal palato.
Per questa ragione, tu sei il vero Dio. Affinchè si possa essere 'Vero Dio', bisogna studiare la Grammatica.
[...]

Approfondimenti

Patañjali. Da Wikipedia


Suggerimenti, emendazioni e commenti:

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