Tecniche di Salute e Salvezza

25.04.2018

Appunti di Āyurveda, Yoga e Alchimia - prima parte

A partire dagli anni '60 del XX°secolo, insieme alla moda delle cosiddette medicine alternative, tende a diffondersi un'immagine idealizzata del corpo umano 'orientale', caratterizzato da una presunta fluidità e opposto ad una corrispondente rigidità del corpo 'occidentale' [1].

In questa prospettiva, la morbidezza e l'elasticità del corpo sono regolarmente associate ad un 'misticismo' orientale, inteso come alternativo alla rigidità del pensiero razionale dell'Occidente.

Nel corso dei decenni successivi , mentre si amplia l'interesse generale verso le medicine di origine indiana e cinese, spesso accomunate in una rappresentazione dell'Oriente molto semplificata e del tutto destorificata, emergono e si affermano sia l'idea del paziente in quanto medico di se stesso, sia la rivendicazione del diritto all'autoguarigione e alla libera gestione del proprio corpo.

Contemporaneamente, viene anche a formarsi una disciplina nuova, l'Antropologia medica, con l'obiettivo programmatico di studiare le esperienze della malattia e della pratica terapeutica viste in quanto costruzioni culturali. Nell'ambito di questa materia, lo studio scientifico e storico delle medicine etniche apre un confronto con la nostra stessa Scienza medica, della quale viene finalmente riconosciuto il relativismo dei suoi propri elementi 'culturali'.

Infine, la diffusione del vasto ed eterogeneo movimento della New Age, con l'importanza da questo data al concetto di guarigione, assume un ruolo decisivo per l'affermazione - presso il grande pubblico - di tutti i sistemi terapeutici considerati alternativi alla scienza e alla medicina ufficiale, compresi, appunto, gli elaborati e raffinati sistemi di origine orientale, in particolare la medicina cinese e la medicina indiana.

La confusione che spesso ne è risultata è notevole, soprattutto per la facilità e la frequenza con cui tali sistemi terapeutici, indipendenti e complessi, vengono fatti coesistere insieme in forme molto semplificate e riduttive, quando non del tutto banalizzate.

Infatti, pur concordando tutti nel nobile scopo di guarire l'uomo ammalato, i sistemi terapeutici orientali finiscono molto spesso con l'essere volgarizzati e privati sia della loro prospettiva storica, sia delle peculiarità culturali che, invece, li contraddistinguono singolarmente.

Pur facendo ampi riferimenti di carattere comparativo, il nostro interesse si concentra sul panorama culturale dell'India antica e medievale, partendo dal sistema terapeutico più autorevole e codificato, la 'Scienza della Vita' (Āyurveda), e seguendone gli sviluppi in epoca medievale, quando, nell'Arte della Guarigione, confluiscono i princìpi e le tecniche operative di due grandi sistemi scientifici indiani, sostenuti anch'essi, al pari della medicina, da una mole impressionante di antichi trattati tradizionali, ovvero la Scienza Mercuriale (Alchimia farmaceutica) e la Scienza del Respiro (Yoga) [2]. Nell'India antica, si arrivò a codificare una Scienza del respiro in due sistemi separati, dei quali, il primo si occupava della fisiologia dei 'Soffi' corporei (āyurveda), il secondo, della respirazione vera e propria (yoga). In epoca successiva entrambi i sistemi, la teoria medica e le tecniche respiratorie, furono integrati nell'insegnamento dello Yoga, che considera cinque 'Soffi' corporei principali, tutti formati a partire dalla radice verbale √an (= 'respirare', 'ventilare') e dalle preposizioni indicanti, rispettivamente, le direzioni verso le quali il Soffio tenderebbe a dirigersi.

1) prāṇa: l'aria inalata nel respiro, il Soffio vitale per eccellenza (la preposizione sanscrita pra-, indica un moto in avanti, un procedere verso, o una condizione di essere preeminente in qualcosa (cfr. Lat. pro-).

2) apāna: l'aria esalata, ma in particolare, il Soffio corporeo, diretto verso il basso ventre (la preposizione sanscrita apa-, esprime un allontanamento, o un distanziare verso il basso, un decadimento, o un peggioramento; può anche indicare un rovesciamento dell'azione indicata dal verbo).

3) vyāna: Il Soffio ritenuto diffondersi nel corpo, per distribuire in esso l'energia vitale (la preposizione sanscrita vi-, indica un moto di dispersione o di spreco, un dispiegamento intorno, un andare in differenti direzioni, un dividersi e un suddividersi, un riflettersi di una azione).

4) udāna: Il Soffio ascendente, ritenuto essere il princìpio della Parola (la preposizione sanscrita ud-, indica un moto verso l'alto, una ascesa, una risalita).

5) samāna: Il Soffio ritenuto concentrarsi al livello gastrico, per contribuire alla digestione e alla combustione del cibo (la preposizione sanscrita sam-, indica un processo di concentrazione o di assimilazione, una sintesi o una condivisione, un'azione compiuta in concomitanza con qualcosa, un moto centripeto, il compimento o il perfezionamento definitivo di una azione).

Lo Āyurveda è il più antico tra i sistemi terapeutici che hanno avuto sviluppo e diffusione nel subcontinente indiano ed è l'unico, tra questi, ad essere stato codificato da una letteratura specialistica di trattati tradizionali in sanscrito.

Letteralmente, il termine indica la 'Scienza' (veda) della 'Vita' (āyus), intesa come vita vissuta nella pienezza della sua durata nel tempo e nella pienezza della sua vitalità.

Āyurveda, come Scienza sacra (Veda), dunque. Ma a differenza dei Veda religiosi, immutabili perché ritenuti perfettamente efficaci nel campo rituale, la Scienza medica è sempre stata suscettibile di evoluzione e modifiche, suggerite dall'esperienza clinica e dal dibattito con altri medici.

Lo Āyurveda, infatti, si presenta come una pratica terapeutica che non tiene conto di dettami religiosi e ascetici, qualora siano in contrasto con la salute del paziente; per questa ragione, i trattati medici raccomandano sempre il soddisfacimento dei bisogni fisici fondamentali (fame, sete, attività sessuale ecc.), arrivando persino a prescrivere il consumo della carne di vacca, nei casi in cui ciò si riveli utile alla salute dell'ammalato.

Oltre a distinguersi dall'atteggiamento ascetico caratteristico dello Yoga classico, che attraverso la sua pratica tende a disciplinare gli impulsi fisici allo scopo di controllare e raffrenare l'attività della mente, la scienza ayurvedica ignora la fisiologia esoterica che caratterizza la disciplina yogica di epoca medievale, con le sue dottrine sulle posizioni corporee (āsana), sulle 'ruote energetiche' (cakra) e sui 'canali' mistici (nāḍī) [3].

Tuttavia, quando si fa riferimento alla Medicina ayurvedica, è necessario considerare le tappe articolate della sua storia, per evitare fraintendimenti, o banalizzazioni, soprattutto poichè, a partire dal XIX°secolo, le pratiche terapeutiche dei medici ayurvedici sono diventate molto diverse da quelle attestate nei trattati classici, risultando profondamente influenzate dalla cosiddetta medicina Unani, scienza medica di origine 'greca' nel nome (yunanī), ma in realtà introdotta in India dagli invasori arabi.

Infatti, dall'XI° secolo in poi, con la diffusione dell'Islam nella società indiana, la medicina ayurvedica iniziò ad essere affiancata dalla cosiddetta medicina Unani, preferita da medici (Tabīb) e pazienti musulmani.

Inoltre, con l'arrivo dei Portoghesi nel XV°secolo e, in maggior misura, con la dominazione inglese, anche la Medicina europea fece il suo ingresso in India e, presso gli stessi indiani, si diffuse sempre più il ricorso alla pratica della chirurgia, che era ormai praticamente scomparsa dalla medicina locale che, a sua volta, veniva fortemente scoraggiata dai colonizzatori, fino all'indipendenza dell'India nel 1947, quando un recupero culturale, in chiave nazionalista, delle scienze tradizionali indiane restituì anche all'insegnamento classico dello Āyurveda il suo antico prestigio.

Il successo che lo Āyurveda ha incontrato, in epoca contemporanea, in Occidente, è dovuto al fatto che questa disciplina si presenta come una medicina olistica, poichè la definizione di vita in essa contenuta trascende il dato puramente biologico. In questo princìpio e, soprattutto, nella mancanza di una separazione netta fra prevenzione e terapia, possiamo riconoscere i fattori olistici più significativi per il successo di questa scienza orientale nella cultura contemporanea.

Nella Medicina ayurvedica, la malattia viene intesa come uno squilibrio di fluidi organici. Così, l'attenzione si rivolge ai processi fisiologici, in particolare alla circolazione dei fluidi, piuttosto che alla natura e alla funzione dei singoli organi interni, considerati quali 'ricettacoli' (āśaya) dei fluidi stessi, raramente rappresentati iconograficamente e soltanto in opere piuttosto tarde.

Secondo lo Āyurveda, la felicità è ottenibile soltanto vivendo in buona salute, poiché lo stato di malattia non consente di perseguire correttamente i quattro obiettivi fondamentali ai quali è possibile aspirare nel corso di una vita umana, ossia il profitto personale (artha), il piacere dei sensi (kāma) la rettitudine (dharma) e la liberazione spirituale (mokṣa).

Così, la medicina è quella scienza che favorisce, di fatto, tutte le attività umane, poichè un ammalato è impossibilitato a praticare al meglio qualsivoglia attività. Inoltre, la medicina determina ciò che nuoce o giova alla vita stessa; essa quindi, è una disciplina terapeutica che comprende cura e prevenzione allo stesso tempo.

Infatti, secondo gli insegnamenti della medicina ayurvedica, l'ottenimento della salute comporta in sé un valore etico, poichè viene riconosciuta l'azione terapeutica di comportamenti morali e meritori che finiscono col ripercuotersi positivamente sulla salute e sulla vitalità di chi li pratica. Di conseguenza, dal punto di vista medico, compiere il bene e astenersi dal male, oltre che meritevole sul piano etico e spirituale, è soprattutto salutare per il corpo e per la mente.

Inoltre, il concetto fondamentale che anima la Scienza ayurvedica, è che la corretta applicazione dei princìpi della Medicina, oltre a prolungare la vita, libera l'anima. Così la Cikitsā ["Pratica medica"] attribuita dalla tradizione a Caraka:

"Colui che pratica la scienza di guarigione secondo le regole,

non solo ottiene lunga vita in questo mondo,

ma accede, inoltre, al sentiero fortunato calcato dai Veggenti

divini e al Brahman imperituro". [4]


Note:

[1]  Zimmermann, F., "Ce qu'un hindou dit à son corps. La réécriture des représentations traditionelles", in: 'Images du corps dans le monde hindou', sous la direction de V. Bouillier et G. Tarabout, CNRS Éditions, Paris 2002

[2]  Zysk, K.G. "The Science of Respiration and the Doctrine of the Bodily Winds in Ancient India", in: Journal of the American Oriental Society, vol.113, 2, 1993

[3]  Wujastyk, D., "Interpréter l'image du corps humain dans l'Inde pré-moderne", in: 'Images du corps dans le monde hindou', sous la direction de V. Bouillier et G. Tarabout, CNRS Éditions, Paris 2002

[4]  न केवलं दीर्घमिहायुरश्नुते रसायनं यो विधिवन्निषेवते /

      गतिं स देवर्षिनिषेवितां शुभां प्रपद्यते ब्रह्म तथेति चाक्षयम् //

na kevalaṃ dīrgham ihāyur aśnute rasāyanaṃ yo vidhivan niṣevate /

gatiṃ sa devarṣiniṣevitāṃ śubhāṃ prapadyate brahma tatheti cākṣayam //

(Caraka, Cikitsā 1, 1, 80)

A seguire...


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