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- PAGINE IN COSTANTE SVILUPPO -
Appunti e testi sanscriti, per esercizio linguistico e meditativo,
presentati in forma di sinossi
(Caratteri devanāgarī, Trascrizione IAST (International Alphabet of Sanskrit Transliteration), Interpretazione interlineare del testo).
Schemi utili per l'orientamento di coloro che vogliono avvicinarsi alla lettura corretta delle parole sanscrite, pur non conoscendo la lingua.
Consigli per la lettura:
In Sanscrito classico, non sono più in uso gli antichi accenti vedici. Tuttavia, possiamo seguire semplici regole, per cominciare ad applicare, correttamente, una sorta di accento 'pratico', alle parole del testo che ci disponiamo a leggere: L'accento pratico, tende ad arretrare il più possibile, nella parola, fino alla terzultima sillaba, in presenza di vocali brevi.
In pratica, le vocali lunghe, tendono ad attrarre l'accentazione, raddoppiandosi il suono pronunciato.
Del pari, i dittonghi -ai- / -au- e le monottongazioni -e- / -o-, attraggono l'accentazione, allungandosi, in quel punto, il suono pronunciato.
Al principio, possiamo provare a leggere tutte le consonanti delle trascrizioni, così come le conosciamo in Italiano, ben scandite, ignorando, per il momento, i segni diacritici sopra e sotto le lettere, ad eccezione di:
-g-, che è sempre dura, come nell'italiano gamba, gheriglio, ghigno, gola, gufo, mai dolce come giardino, geco,gioco (per questi suoni, esiste il fonema -j-).
-c-, che è sempre dolce, come nell'italiano celeste, cianotico, circense, mai dura, come se fosse casa, o cosa (per questi suoni, esiste il fonema -k-).
-ś-, -ṣ- che vanno letti, necessariamente, come in inglese -sh-, o come, nelle parole italiane: ascia, scena, sciroppo, sciocco, asciugare, eccetera.-ḥ in fine di parola, ma soprattutto alla fine di un semiverso o di un verso, dove la consonante aspirata, attira l'accento pratico e replica la vocale che la precede: esempio:
"namo namaḥ", si dovrà leggere "namò namahà".
Nelle consonanti aspirate: kh, ch, ṭha, tha, pha; gha, jha, ḍha, dha, bha, il suono aspirato è sempre, chiaramente distinto dal frammento consonantico (come in bassethound, per la consonante aspirata -th-, oppure Stockholm, per la consonante aspirata -kh-).
Esercitiamoci leggendo, preferibilmente a voce alta, prendendoci tutto il tempo che ci serve per riflettere e scandire correttamente le lettere. L'apprendimento della scrittura devanagari richiede tempo e abitudine; sarà bene non darvi troppo peso all'inizio, per concentrarsi principalmente sulla trascrizione, nella quale si evidenzieranno meglio le regole di combinazione eufonica delle lettere, le terminazioni dei verbi e dei nomi, e, soprattutto, le lunghe catene di composti nominali.
E' importante ascoltare le recitazioni dei testi, nei video reperibili in Rete (per lo più, testi devozionali, legati alle festività hindu), facendo riferimento al testo scritto che abbiamo davanti. La lettura degli Indiani di madrelingua, è regolarmente veloce e, spesso, risente dei tratti della lingua corrente del parlante. Il Sanscrito, però, ha una perfetta corrispondenza tra i fonemi pronunciati e i segni della scrittura, dunque potremo abituarci, in un tempo ragionevole, alla comprensione generale del testo stesso.
Approfitteremo della natura ieratica e sacrale della lingua Sanscrita, per concentrarci sulla Postura da mantenere durante lo studio. Essa deve essere costantemente corretta, a partire dalla cervicale e dalla colonna, così come la respirazione, che dovrà tendere ad essere calma e regolare, come nella pratica dello Yoga.
Raccomandiamo un costante riferimento alle risorse di studio reperibili in Rete.
Il Dizionario Online, le Grammatiche, gli Archivi esterni,
i Programmi e i sistemi di Scrittura, sono indicati su questa pagina:
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Lo Yoga
Il merito di aver conferito un ordine e una dignità rinnovata di significato culturale allo yoga, un insieme eterogeneo e non confessionale di antiche tecniche estatiche e meditative, spetta certamente all'opera di codificazione avvenuta negli Yogasūtra ["Aforismi sullo Yoga"] attribuiti a Patañjali, il quale inaugurò , così, una vera e propria scuola filosofica.
Patañjali, "Yogasūtra" ["Aforismi sullo Yoga"]. (circa I°-V°sec. d.C.)
Capitolo 1° (samādhipāda) Updated 23/12/2017
Capitolo 3° (vibhūtipāda) - (in lavorazione)
Capitolo 4° (kaivalyapāda) - (in lavorazione)
Capitolo 3° (I Tre bandha (Blocchi o Contrazioni):
uḍḍīyāna-bandha ( = Blocco che conduce alla librazione): vv.55-60 ( = contrazione ipopressiva dell'addome)
mūla-bandha ( = Blocco alla Radice): vv.61-69 ( = attivazione del pavimento pelvico)
jālandhara-bandha ( = Blocco (detto) Reggitore della Rete): vv.70-76 ( = retropulsione del mento)
"Vāmakeśvarīmata Tantra" [Tantra della Dottrina della (Dea) Vāmakeśvarī], (circa XI°-XII°sec. d.C.)
Capitolo 3: Le Sigillazioni delle mani (mudrā).
Ultimo dei grandi Tantra antichi, il Vāmakeśvarīmata, appartiene alla cosiddetta Corrente Meridionale (dakṣinasrotas) delle Scritture tantriche. Esso fonda la Tradizione della Śrīvidyā ('Gloriosa Sapienza', oppure, 'Sapienza della (Dea) Gloriosa'), al centro della quale, vi era il culto della Dea Tripurāsundarī (la 'Bella dei Tre Mondi') e la meditazione liturgica di uno speciale diagramma, conosciuto come Śrī Yantra.
La descrizione dei 'cakra', nella fisiologia mistica dello yoga.
Comprese tra le Upaniṣad settarie, più recenti, le cosiddette Upaniṣad dello Yoga, tra le quali, la Yogatattva è particolarmnte importante, segnano un tentativo dichiarato di accogliere e inserire disciplina yogica, dai tratti marcatamente śivaiti, in un contesto devozionale e rituale viṣṇuita.
Nei versi qui esposti, vi è una trattazione piuttosto sintetica dei 'cakra', 'Circoli' di energia divina, visualizzati nell'asse del proprio corpo, al momento della meditazione.
La Parola e la Grammatica
Patañjali, "Mahābhāṣya" ["Il Grande Commento"]. (circa II°sec. a.C.)
L'insegnamento fondamentale sulla Parola.
Pāṇini, "Gaṇapatha" ["Il Sentiero delle Schiere (di Parole)"]
Pāṇini - Gaṇapatha, sūtra 1 - Pronomi (sarvanāmāni)
Pāṇini - Gaṇapatha, sūtra 2 - Avverbi Indeclinabili (avyaya)
Pāṇini - Gaṇapatha, sūtra 3 - Particelle (nipāta)
Pāṇini - Gaṇapatha, sūtra 4 - Particelle (nipāta) / Preverbi (upasarga)
Pāṇini - 14 Śivasūtra, i mantra che espongono l'ordinamento dei fonemi in Sanscrito.
Pāṇini - Aṣṭādhyāyī. [Gli Otto Capitoli]. L'inizio del Primo Capitolo e il Sistema di regole grammaticali.
"Amarakośa" ['Lessico di Amarasiṃha', o 'Lessico Immortale']
detto anche, "Nāmaliṅgānuśāsana" ['Insegnamento sui Generi e i Nomi'].
INDICE E VERSI
Il Gruppo di (parole correlate al) Cielo: 6
Divinità: 7-9
Alcuni gruppi di Divinità: 10
Alcuni Semidei: 11
Antidei o Titani: 12
Jina o Buddha: 13-14
Gautama Buddha: 15
Il Dio Brahmā: 16-18
Il Dio Viṣṇu: 19-24
Vasudeva: il padre di Kṛṣṇa: 24
Balarāma: 25-26
Kāma, il Dio dell'Amore: 27-28
Cinque Frecce floreali del Dio Kāma: 29
Cinque Frecce emotive del Dio Kāma: 30
Il Figlio del Dio Kāma: 31
La Dea Lakṣmī: 31-32
Equipaggiamento di Kṛṣṇa: 33-34
Garuḍa. Il favoloso Volatile, Veicolo del Dio Viṣṇu/Kṛṣṇa: 35
Il Dio Śiva: 36-41
La Chioma di Śiva, l'Arco, gli Attendenti, le Divine Madri: 41-42
I Poteri di Śiva: 42
La Dea Pārvatī, Sposa del Dio Śiva: 44-45
Il Dio Ganeśa, Figlio della Dea Pārvatī: 46
Il Dio Kārtikeya, Figlio del Dio Śiva: 47-48
Nandi, il Toro divino, Veicolo del Dio Śiva: 49
(La Dea Cāmuṇḍā, in quanto attendente del Dio Śiva): 49
Il Dio Indra: 50-53
Śacī, la sposa di Indra e i principali attributi del Dio: 54-56
I Veicoli Volanti, i Veggenti, la Sala e il Cibo degli Dei: 57
Fiumane e Monti Divini: 58
Cinque Alberi Divini: 59
Sanatkumāra, il Progenitore degli Uomini e gli Aśvin, i Medici Celesti: 60
Ninfe e Cantori Celesti: 61
I Nomi del Fuoco: 62-66
Meteore, Ceneri e Incendi: 67
Yama, il Dio della Morte: 68-69
Mostri e Demòni: 69-70
Varuṇa, Dio delle Acque e Vāyu, Dio del Vento: 71-73
I Cinque Soffi corporei e le parole indicanti Velocità: 74-75
Parole indicanti Eternità ed Eccessi: 76-77
Kubera, il Dio delle Ricchezze, con i suoi Attendenti: 78-81
I Nove Tesori del Dio Kubera: 82
Il Gruppo di (parole correlate allo) Spazio
Il Gruppo di (parole correlate alle) Direzioni Cardinali
I Signori delle Otto Direzioni
I Pianeti associati alle Otto Direzioni
Gli Elefanti associati alle Otto Direzioni
Le rispettive Elefantesse, guardiane delle Otto Direzioni
Direzioni e Spazi Interni
Tuoni e Fulmini
Arcobaleni e Piogge
Rannuvolamenti
La Luna
Le Fasi della Luna
La Luce Lunare, le Insegne e la Bellezza
Le Parole della Neve e del Freddo
La Stella Polare e Canopo
Le Costellazioni, o i Ventisette Asterismi
Il Pianeta Giove
I Pianeti Venere e Marte
Il Pianeta Mercurio, Saturno e Rahu, il Nodo Lunare Ascendente
L'Orsa Maggiore e lo Zodiaco
I Nomi del Sole
I Tre Attendenti del Sole, l'Araldo del Sole e gli Aloni
Raggi, Luci, Splendori
Il Tepore e i Miraggi
aggiornamento: 7/6/2018
Il Veda
"Agni Suktam". Inno al Fuoco Sacro (ṚgVeda, 1, 1). L'inizio della Raccolta degli Inni vedici.
"Devī Sūktam". Inno della Dea, (ṚgVeda, 10, 125). In questo importante inno vedico, la Parola (Vāc), identificata con la Dea, loda se stessa in prima persona. Formalmente, si tratta, dunque, di una ātmastuti, una aretalogia, un'esposizione solenne delle proprie virtù divine.
"Nāsadīya Sūktam". (ṚgVeda, 10, 129). Il Canto della Creazione. Probabilmente, il più celebre tra gli inni dell'antica raccolta vedica. Solenne e suggestivo, questo inno, tra i testi a noi pervenuti, nella storia delle religioni, può essere considerato, per i suoi concetti e per le sue intuizioni, il più coerente con le moderne idee scientifiche sull'origine e la natura dell'Universo.
Inni al Tempo (Atharva Veda, 19, 53-54). Dal 'Veda delle Formule magiche', un inno diviso in due sezioni, dedicato al Tempo, quale supremo Principio cosmogonico.
Le Arti
Vātsyāyana, "Kāmasūtra" ['Trattato sul Piacere in forma di Aforismi'], Libro 1, Capitolo 3
Le 64 Arti della Vita raffinata.
La Musica e il Canto
Le 'Antiche Storie'
Il Racconto del Diluvio:
"Śatapatha Brāhmaṇa" ["Trattato braminico dei Cento Sentieri"], 1.8.1
Una fonte letteraria molto antica del racconto di un antico Diluvio. La storia è sintetizzata al massimo, trattandosi di un esempio per spiegare l'origine del lavaggio rituale delle mani, in un libro sacerdotale. Tuttavia, gli elementi costitutivi del mito sono, in massima parte, presenti.
L'Arte Medica
"Carakasaṃhitā" [Collezione di (insegnamenti secondo) Caraka], Sūtrasthāna, 1.
La Trasmissione della Scienza della Lunga Vita (Āyurveda).
Il Cosmo
"Sūryasiddhānta" [Trattato Definitivo (secondo) Sūrya ( = il Sole)].
Sezione introduttiva. I Quattro Yuga e il Tempo Ciclico.
Il Rituale
"Aitareya Brāhmaṇa" [Trattato braminico secondo Aitareya],
Cap.3: La Capanna iniziatica. L'Embrione e la Seconda nascita.
"Kālikā Kavacam" [Amuleto di Kālī]
Un incantesimo tantrico contro i Nemici.
La Dea
La Dea indiana, multiforme e dai mille Nomi.
La 'Māyā'. Il Mondo come Illusione Cosmica
"Aṣṭāvakra Gītā" [Cantata di Aṣṭāvakra] - Cap.1 - 2
Testo di ispirazione vedantica, risalente al XIV°secolo, forse più antico. La Mente crea la separazione tra Noi e il Mondo; quando ci identifichiamo con il Tutto, siamo felici.
Le Upaniṣad antiche
"Taittirīya Upaniṣad", ['Insegnamento delle Colombe'], 1-3.
La Preghiera augurale e la Dottrina delle Connessioni.
"Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad", ['Insegnamento del Grande (libro) della Foresta'], 5,1,1)
Il concetto di infinito.
"Īśā Upaniṣad" [Insegnamento Arcano, (che ha come incipit il termine) 'Signore']
Il momento di passaggio tra l'idea vedica del monismo cosmico e la tendenza monoteistica, che troverà sviluppo nell'India classica e medievale.
Il Tantra filosofico e lo Śivaismo del Kashmir (IX°-XII°sec.dC.)
Kṣemarāja, "Pratyabhijñāhṛdaya" [il "Cuore del Riconoscimento"]
I filosofi indiani appartenenti, come Kṣemarāja, alle Scuole monistiche del Kashmir legate allo Śivaismo tantrico, ritenevano che la Coscienza Assoluta, identificata con il Signore e concepita sotto forma di Luce, fosse l'unico Princìpio Causale, onnicomprensivo, nello sviluppo dell'Universo. Il Riconoscimento di questa verità, corrispondeva alla Gnosi e, di conseguenza, alla Liberazione.
Il 'Cuore del Riconoscimento' ("Pratyabhijñāhṛdaya"), di Kṣemarāja (XI°secolo), è un testo ricco di spunti filosofici e, allo stesso tempo, di lettura piuttosto semplice, da un punto di vista linguistico. Inoltre, questo testo è un ottimo esempio di Letteratura di Commento.
... (In Lavorazione - Aprile 2018)
Il Buddhismo tantrico
"Guhyasamāja Tantra" ["Scrittura (rivelata) della Congrega (o della Unione Segreta"]
Il "Guhyasamāja Tantra" ["Scrittura (rivelata) della Congrega (o della Unione Segreta"] è uno tra i più antichi testi buddhisti di carattere tantrico, redatto in lingua sanscrita [VII°-VIII°sec., circa]. In esso e, in particolare, in questo primo Capitolo, troviamo le istruzioni per la costruzione rituale e visionaria del Maṇḍala, sorta di rappresentazione circolare di un mondo liturgico ideale, insieme alla dottrina dei Cinque Tathāgata, figure archetipiche, insieme alle rispettive Paredre con le quali si uniscono iconograficamente, degli elementi posti a fondamento della Realtà. Inoltre, in questo Tantra, è presente l'idea della śakti, la Potenza femminile che viene ad inserirsi nelle pratiche cerimoniali buddhiste, insieme agli aspetti antinomici e trasgressivi, che caratterizzano l'ideologia tantrica. Gran parte di questo testo consiste in istruzioni per visualizzare e meditare un gran numero di forme divine, suddivise in raggruppamenti collettivi.
Il termine 'Tathāgata' ['Colà giunto (al Nirvāṇa)'] che, originariamente, era uno degli epiteti del Buddha, viene ad identificare, nella letteratura del 'Grande Veicolo' prima, in quella tantrica subito dopo, una classe di Entità o Ipostasi spirituali, che si dispone in tutte le direzioni del cosmo, per guidare la meditazione e il Risveglio dell'Adepto.
La meditazione prescritta è duplice:
Vi è una fase di Creazione immaginativa, detta utpattikrama, nella quale si enfatizzano la dualità, la natura illusoria, le costruzioni mentali, eccetera, seguita da uno Stadio di Realizzazione: utpannakrama, niṣpannakrama, o saṃpannakrama, nella quale si dovrà operare il superamento della dualità, della natura illusoria, eccetera.
A prescindere da tutte le questioni di critica testuale e filologica, la lettura di questo testo mi sembra interessante da affrontare, già agli inizi dello studio del Sanscrito, per i seguenti motivi:
a) Come avviene, di regola, nella letteratura buddhista, le Scritture sembrano essere concepite più per essere recitate, salmodiate e memorizzate, che per essere lette; lo stile è quanto mai ripetitivo e, per questo, può risultare assai facilmente noioso. Tuttavia, proprio questo carattere stilistico - in un testo che offre spunti storici e culturali notevoli, restando, anche nelle continue ripetizioni, sempre filologicamente interessante - può rivelarsi molto funzionale nell'apprendimento dei termini sanscriti e dei costrutti grammaticali.
b) Il testo ci presenta, già nelle prime righe, l'uso dei lunghi Composti nominali, così caratteristici della lingua sanscrita, eppure non trattati, nella maggioranza delle grammatiche in uso, con la dovuta priorità, rispetto agli aspetti flessivi della lingua. Di conseguenza, a mio avviso, quando l'entusiasmo dello studente - abituatosi, nel frattempo, ad un apprendimento 'lineare' di stampo 'classicista', - si scontra, inevitabilmente, con le difficoltà progressive della lingua letteraria, spesso è un po' tardi, per fissare bene le regole complesse e agglutinanti della Composizione nominale, in quegli schemi cognitivi che, nel naturale processo di apprendimento neurolinguistico, dovrebbero formarsi al principio e radicarsi con profondità e chiarezza.
c) Lo stile linguistico del "Guhyasamāja Tantra", si mantiene piuttosto semplice e corretto. Pertanto, le difficoltà grammaticali di un'edizione 'diplomatica' del testo, che non tenga conto delle varianti filologiche o, soprattutto, della tradizione testuale tibetana, sono minime.
'Ciò che è studiato'. Ciò che è studiato, (ma) non compreso, (e) viene pronunciato con una recitazione approssimata, è come legna secca che non brucia affatto, là dove non c'è fuoco. Perciò, non dobbiamo leggere una cosa priva di significato. Così, deve essere studiata la Grammatica.
Patañjali, "Mahābhāṣya" ['Grande Commento']